martedì 31 ottobre 2017



  RECENSIONE: IT




C'era molta attesa per questa nuova versione di IT, vista l'orribile miniserie anni '90 e considerato anche il fatto che la maggior parte di film tratti dalle opere di King fanno pena, tanto che arrivati a un certo punto mi sono rifiutata di continuare a vederle, su tutti La Torre Nera, uno scempio annunciato.

Stavolta ci siamo.
 L'orrore di Derry, una amena cittadina come tante che nasconde nelle sue viscere il male emerge in tutto il film, sia nelle scene più idilliache che riguardano il gruppo di ragazzini, i Perdenti, nelle loro attività ludiche, sia in quelle più horror che sono ben realizzate, anche con vari salti sulla sedia dovuti anche a un sapiente uso del suono, ma che non è un mero splatter: è l'incubo che arriva dal sottosuolo dove si è materializzato  il male di una cittadina abitata da persone comuni che nascondono dietro il loro perbenismo i vari orrori: bullismo, indifferenza, violenze e abusi in famiglia. 

La trama è nota: un gruppo di ragazzini sfigati e bullizzati vivono in una cittadina dove scompare molta gente, la già citata Derry.
 La scena iniziale è iconica: il piccolo Georgie segue la barchetta di carta fino a una fogna dove è caduta, e dove vede Penniwise. E' l'ultima cosa che vedrà.

I Perdenti si riuniscono e inizieranno a indagare, esplorare, capire e lottare contro il male in ogni sua forma: ribellandosi ai numerosi abusi a cui vengono sottomessi e lottando materialmente contro il mostro.
Nel film quindi emerge perfettamente non solo che il vero orrore è Derry e i suoi cittadini, ma anche il fatto che il romanzo di King da cui è tratto è un romanzo  di formazione vero e proprio. 

Pennywise qui è inquietante, molto pauroso, e la dicotomia clown/mostro è una delle più agghiaccianti: una figura che serve per far divertire i bambini viene utilizzato come personificazione del male, che si trasforma in ognuna delle più grandi paure del gruppo di ragazzini per poi nutrirsi delle loro paure, e non solo....




 Ottima l'interpretazione di Bill Skarsgard, aiutato anche dalla CGI; molto bravi anche gli sconosciuti giovani attori che hanno interpretato la banda del Losers. 


Bene anche effetti speciali orrorifici (finalmente!), colonna sonora, fotografia e montaggio.

A differenza del romanzo, non si procede a flashback: in questa prima parte (già, ci sarà un seguito), c'è la storia dei bambini, nella seconda li vedremo ormai adulti che tornano nella loro cittadina d'infanzia. Perché non lo so: nel cinema i flashback sono usatissimi, sarà stata una scelta di regia finalizzata alla realizzazione di due film con una suspance tra l'uno e l'altro forse. Però funziona, e questo è l'importante.



Consigliato agli amanti del genere. E non ci portate i bambini sotto i 14 anni, a parte che è vietato, ma è un vero horror e non è adatto a loro. 








domenica 29 ottobre 2017


RECENSIONE : MAZINGA Z INFINITY






Assistere a un'anteprima mondiale è sempre una sensazione particolare; se poi il film in questione lo attendi da 40 anni, beh...le emozioni sono molto forti!
La cornice alla Festa del Cinema di Roma è delle migliori: red carpet su cui ha sfilato Go Nagai, per poi farsi immortalare vicino a una riproduzione in super lega z di Mazinga. No, dai scherzo! Non so in che materiale fosse perché a noi populares non era dato avvicinarsi troppo...

Di sottofondo, sparato a palla il motivetto della sigla Jap.
In giro, cinque selezionatissimi cosplayers, gli stessi del Romics di due anni fa.



Le proiezioni erano due (tre se si conta quella mattutina per  giornalisti e giornalettari) , una in V.O. con subs e una in italiano, io ovviamente ho scelto quella in italiano.

La prima scena è di forte impatto, molto action; a questa segue la sigla originale giapponese rimodernata cantata sempre da Ichiro Mizuki, mentre scorrono fotogrammi delle vecchie serie anni '70. Nostalgia!

Come già sappiamo, la storia è ambientata 10 anni dopo la fine degli anime; come non tutti sanno, non è che nel frattempo non sia uscito più nulla. Abbiamo avuto infatti reboot, remake, versioni alternative e sequel di ogni ordine e grado, senza continuity, sia anime che manga. E qualcosa di questi lavori sbuca fuori qui e là nel film.

Koji è un ricercatore; l'energia fotonica ormai viene utilizzata da tutto il mondo, che ha così risolto la crisi energetica. Le città sono tutte futuristiche e ipertecnologiche, ma accanto a esse c'è ancora spazio per le tradizioni e per i villaggi. Il nostro conduce una vita serena e tranquilla, ma questo lo blocca nella sua crescita: dopo tutto questo tempo non vuole ancora saperne di sposare Sayaka (che nel mentre è diventata la direttrice dell'Istituto di ricerca; suo padre, il prof Gennosuke Yumi, è Ministro, mentre Shiro Kabuto è pilota). Questo è molto rilevante, perché i sentimenti sono uno dei temi principali del film, e meno male: nelle serie erano stati trattati in maniera mooolto superficiale, e giustamente, in quanto essendo stati realizzati per un pubblico di bambini, si sa che questi non gradiscono le "melensaggini". 
Finalmente si sa cosa è successo!!! :-)
Koji trova una fonte di energia diversa, potente e pericolosa; all'interno di essa trova una ragazza, Lisa. Questo personaggio non mi ha fatto per niente simpatia, non tanto per il fatto che il tema degli androidi che si sentono umani sia ben noto, ma proprio perché è insopportabile! Inoltre assomiglia troppo a livello grafico a Rei Ayanami di Evangelion. Sarà comunque fondamentale per la storia.
Torna anche il dottor Inferno, con tutti, e dico tutti, i mostri meccanici che abbiamo visto nella serie, a attaccare la Terra per appropriarsi dell'energia, ma si presenta in modo differente; si capisce subito che si tratta di un diversivo. Il vero pericolo è infatti molto più grave: una misteriosa forza sta per distruggere tutto l'universo, e Inferno è l'arbiter della questione. Il motivo per cui gli abbiano dato questo ruolo mi è poco chiaro.
 E non è l'unica cosa che non si capisce.
Mentre vedevo i trailer mi chiedevo come e perché  Hell sia risorto, con tutta la sua combriccola: la spiega c'è, e si inserisce in quella più ampia che ci viene fornita circa la misteriosa energia, ma è  confusionaria e poco comprensibile ai più. I bambini di certo non ci capiranno una mazza; chi è avvezzo a fumetti e serie tv sci-fi si sentirà più a suo agio.
I temi nagaiani ci sono tutti, in primis il concetto di base del Mazinga, l'essere cioè un ma-jin, dio-demone, dicotomia che nella serie emerge poco ma nei manga sì, specie quelli rivisitati usciti più di recente (negli anni 90 ).
Proprio per questa dicotomia, Koji dovrà decidere da che parte stare.
Altri temi sono: la famiglia, l'amicizia, l'erotismo qui visto in chiave molto ironica e derivato dal manga delle Mazinger Angels, l'umorismo affidato sempre a Boss Borot )che qui ha una spalla davvero sbraghevole!), l'ecologia. Ci sono anche le forze militari, che negli anime appaiono poco, nei manga di più, ma in realtà non se ne sentiva la mancanza. 
Ci sono poi temi nuovi, come quello etico-politico, e quello importantissimo delle infinite possibilità che ognuno di noi ha, che è il vero fulcro del film.
L'animazione è ottima, il mecha rinnovato e modernizzato ma rimanendo fedele agli originali; la CGI è sapientemente mischiata a tecniche più tradizionali. Le scene di combattimento sono grandiose. Un bambino in sala ha gridato "che ficata!" al termine di uno dei combattimenti più spettacolari... e questo vuol dire tutto.
Durante il film appaiono brevissime scene delle vecchie serie, ridisegnate, che mi sono piaciute tantissimo, anche perché me le ricordavo bene e mi hanno provocato il batticuore. 
Il doppiaggio è ottimo; hanno deciso di lasciare i nomi italiani alle armi, per fortuna, ma non si capisce perché hanno lasciato "Mazin-go" invece che "Mazinga fuori" e "Pilder on" invece che agganciamento, che sono altrettanto mitici. 
Colonna sonora e montaggio ok.
Riguardo al target, direi che è indirizzato ai nostalgici, quindi ai miei coetanei generazione più generazione meno; se si voleva attrarre nuove leve, non credo che riusciranno nell'impresa, perché i bambini, ameno che non siano stati già pronti e abbiano visto tutte le vecchie serie, non saranno in grado di apprezzarlo e comunque di capirlo in pieno; c'è da dire che il concept Mazinga non è per bambini piccolissimi, anche le serie anni '70 erano per minimo 7-8 anni, quindi genitori: non portate le vostre piccole pesti se non hanno almeno quell'età, e se non gli avete fatto vedere tutte e due le mazin-serie animate! Per favore, che poi si stufano e iniziano a rotolarsi addosso a voi e agli altri spettatori. Grazie.

Non sarà un film perfetto, di sicuro molti avranno da ridire su un sacco di questioni, soprattutto sulla parte più romantica; io ho trovato qualche carenza su altri punti, come ho detto sopra, ma l'opinione generale è più che positiva. L'emozione è stata tanta prima, durante e anche dopo: stanotte Mazinga me lo sono sognato!

Maziiiin----gooooo! 




martedì 24 ottobre 2017



      RECENSIONE: LO SCUDO DI TALOS






Autore: Valerio Massimo Manfredi
Genere: storico
Editore: Mondadori, 1990
Pagine: 324
Prezzo: cartaceo: € 11,90
Link Amazon


Abbandonato dai genitori in tenera età in nome della crudele legge di Sparta, Talos, lo storpio, cresce tra gli iloti, salvato e accudito da un vecchio pastore che gli insegna a opporsi a un destino già assegnato. Nonostante la deformità, il suo coraggio e l'ostinazione ne fanno un arciere abile e possente, al servizio del prepotente ma intrepido Brithos. Come tutti i nobili figli di Sparta, Brithos è stato allevato per essere guerriero, e non sa ancora che un filo di sangue unisce il suo passato a quello di Talos. Ma la sorte schiera i due uomini fianco a fianco nella lotta contro gli invasori persiani.

Finora non avevo avuto molta fortuna col Manfredi scrittore: avevo iniziato un suo romanzo sui Faraoni, e l’ho abbandonato dopo pochi capitoli; un suo racconto ambientato a Venezia non mi era piaciuto affatto; finalmente ho trovato un romanzo con cui ricredermi.
Ho scelto tra i tanti questo ambientato nell'antica Grecia perché mi occorrevano fonti storiche , e anche , perché no, ispirazione, per un romanzo che sto scrivendo.

Il romanzo, pubblicato per la prima volta nel 1988, si divide in due parti: nella prima assistiamo all’abbandono del protagonista neonato da parte del padre perché zoppo, un nobile spartiata, su Taigeto; qui viene soccorso da un vecchio  ilota  (per chi non lo sapesse, gli Iloti sono gli schiavi degli Spartani, i Messeni da loro sconfitti secoli prima), viene cresciuto da lui che lo chiama Talos; a un certo punto arriva una sibilla che gli profetizza un futuro diverso. Poi un giorno il vecchio  gli  mostra l’armatura del leggendario  re di Ithome, la capitale distrutta e perduta dei Messeni, e si capisce che il giovane avrà a che fare con essa. Talos  si imbatte un giorno in Brithos, e qui inizia una serie di avvenimenti che non voglio spoilerare. 
Nella seconda parte del romanzo ormai Talos ha cambiato identità, si chiama Kleidemos ed è diventato un feroce guerriero. Il tutto è condito da drammi familiari, amore e soprattutto guerra: c’è la ormai stranota battaglia delle Termopili con i 300 capitanati dal re Leonidas, e ci sono altri fatti storici inseriti con ammirabile maestria nelle vicende del protagonista, come la battaglia di Platea, il terribile terremoto che distrusse Sparta, il tradimento di Pausania e la rivolta degli Iloti (non è spoiler, eh! Sono fatti storici).

Lo stile è curato e scorrevole, magari oggi come oggi qualcuno potrebbe reputarlo un po’ datato, per me invece va bene così perché adatto all’argomento. Il finalissimo non mi ha convinto del tutto, ma ci può stare.

 In tutta sincerità , nonostante il romanzo mi sia piaciuto, non ho trovato  particolarmente avvincente né originale: ricalca il noto schema dello sfigato che scopre di essere molto più di quello che è, cade a un certo punto in depressione, è confuso e poi si riprende alla grande.  C’è però da dire che sono passati circa 30 anni dall’uscita del romanzo, e di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia. Quando ho letto il brano delle Termopili, descritto benissimo, ho pensato: “No, ancora i 300!” , poi mi sono ricordata che all’epoca (1988,ripeto) ancora non era un tema stranoto come adesso, data l’uscita, nel frattempo, di numerosi film, fumetti e quant’altro. Manfredi quindi è stato un precursore.

Tutte le battaglie inserite nel romanzo sono narrate alla  perfezione, sembra di trovarsi lì.
Gli usi e i costumi locali compaiono in più punti, senza essere didascalico Manfredi mostra  un mondo lontano e perduto in cui si viene totalmente immersi, e  le vicende del protagonista e dei comprimari sono inserite alla perfezione nel susseguirsi dei fatti storici.
 Mi sono chiesta perché  secondo l’autore i sissizi sono dei battaglioni: io ho sempre saputo che sono i pasti in comune a cui gli spartiati dovevano partecipare e contribuire.  Anche circa la Krypteia avrei dei dubbi, in quanto Manfredi la vede come una sorta di polizia segreta, seguendo una scuola di pensiero, mentre per la maggior parte degli studiosi è un altro dei rituali facenti parte dell’ agoghè dei giovani spartani. C’è da dire che la certezza al 100% non c’è  su questi argomenti; li avrà utilizzati come più gli faceva comodo,  o come gli pareva meglio per il romanzo.
A metà libro si accenna anche al’omosessualità: capisco che all’epoca in cui è stato scritto  era ancora  tabù parlarne,  quando è risaputo che nell’Ellade era molto diffusa e praticata, sia tra adulti che tra educatori e giovani (ahimè sì), quindi anche se Manfredi ne parla in modo marginale e incompleto è stato pur sempre un passo avanti; anche qui è stato un precursore.
Il vocabolo per me più fastidioso  del romanzo è quando  scrive “Greci” anziché “Ellenici”, come si auto- chiamavano i Greci all’epoca. Perchééééé?!?
Anche se non ci sono molti colpi di scena, e a un lettore smaliziato potrebbe sembrare tutto poco originale (ma , ripeto, è stato scritto 30 anni fa) Lo scudo di Talos va letto perché riesce a immergere completamente il lettore in quell’epoca lontana, trasportandolo in tempi,  luoghi  e stili di vita lontani  e perduti, con uno stile accattivante e lineare.






mercoledì 18 ottobre 2017



RECENSIONE: BLADE RUNNER 2049






 Dopo aver letto millemilla commenti dei Blade Runner-fans che gridavano alla lesa maestà, sono entrata in sala temendo di assistere a uno spettacolo deprimente e banale.
Invece il film mi è piaciuto, e anche molto.

L’agente Kappa continua il lavoro del suo predecessore Deckard, ovvero stermina Replicanti vecchio modello ancora in giro nel 2049. Los Angeles è sempre martoriata da una pioggia incessante, le sue vie pullulano di personaggi di ogni genere e campeggiano ovunque ologrammi giganti (v. Ghost in the Shell). Kappa vive proprio con una domestica/ologramma, Joi, ma il loro legame appare da subito andare oltre il rapporto elettrodomestico-utilizzatore.

Un giorno viene rinvenuto lo scheletro di un Replicante che contiene una scoperta sensazionale, e Madame, la capa poliziotta (umana) di Kappa, lo incarica di risolvere la situazione al più presto, perché le conseguenze potrebbero essere catastrofiche. Questa inchiesta lo porterà a indagare anche su sé stesso e sul proprio passato, mettendo in dubbio tutta la sua vita.

Mi unisco alla schiera di coloro che hanno detto che questo sequel è un omaggio al primo film, e aggiungo che non lo è solo per le atmosfere, realizzate anche grazie a una fotografia eccellente, ma soprattutto per la tematica che è poi il cuore dell’opera: un’indagine su cosa sia umano e cosa non lo sia, su quali basi e principi possiamo effettuare questa divisione.
Il tema è stato ripreso anche da altre opere sci-fi, tra cui Battlestar Galactica; e…


SPOILER!


L’idea del Replicante che partorisce è così simile a ciò che avviene alla Cylona Athena proprio in Battlestar Galactica…


FINE SPOILER!


Il regista Villeneuve dilata i tempi per permettere allo spettatore di venire assorbito pienamente nella storia, nel luogo e nel tempo. Con questo non sto dicendo che il film è lungo e palloso, bada ben!, sto suggerendo che non è un action movie o un film di supereroi dove tutto è frenetico; una decina di minuti si potevano anche tagliare (dura 2h e 40!), ma anche così com’è non ci si annoia. Le scene d’azione sono comunque presenti, alternate a altre in cui immagina, si riflette, ci si meraviglia di quello che si sta vedendo, e ci si commuove pure.


SPOILER!


La scena d’amore tra K e Joi è davvero struggente… (sospiro).


FINE SPOILER!

Villeneuve è stato anche capace di inserire alcune trovate molto originali, che non spiattello per non spoilerare troppo; dico solo che c’è anche uno spezzone del vecchio film…

La storia è molto “spiegata”, a un certo punto anche in maniera didascalica direi, ma riesce in pieno ad appassionare lo spettatore nel susseguirsi delle vicende e dei colpi di scena, che non mancano; nonostante ciò,alla fine del film rimane il dubbio che qualcuno possa aver mentito, o non detto tutta la verità, lasciando ampio spazio per un sequel.

La fotografia è da premio Oscar: il DOP Roger Deakins (sì, l’ho cercato su Google, embè?...) è stato fenomenale nel riprodurre le atmosfere dell’originale. Buona parte hanno avuto anche il team del trucco e parrucco (c’è un personaggio acconciato uguale a Rachel, e non è un caso…) e i costumisti (questi ve li cercate, se proprio ci tenete a sapere come si chiamano :-P), bisogna ammetterlo.
La colonna sonora è all’altezza, così come il montaggio.


Passando agli attori, a me Ryan Gosling non piace proprio, che devo dire? Che se la cava? A mio parere qualcun altro avrebbe fatto meglio, ma non so essere obiettiva a riguardo. Per il resto del cast non ho nulla da eccepire. Harrison Ford è sempre sul pezzo, Ana de Armas molto graziosa e nel personaggio, Jared Leto bene, come la Robin Wright.


SPOILER!


Ormai Harrison Ford sembra essere pienamente a suo agio nel ruolo del padre poco consapevole… eheheheh!...
  


FINE SPOILER!


Come sequel credo che sia uno dei migliori della storia del cinema; per concludere affermo senza ombra di dubbio che i detrattori di questo film lo criticano per partito preso e per fare gli snobboni sapientoni. Già lo criticavano prima dell’uscita, solo per il fatto che qualcuno avesse osato fare un sequel di Blade Runner! Con questo non voglio dire che debba per forza piacere a tutti, ma denigrarlo solo per il fatto che hanno osato fare un sequel che non potrà mai essere all’altezza del primo film mi pare proprio una sciocchezzuola.

Detto ciò,io consiglio il film anche ai fans di vecchia data, anzi soprattutto a loro; chi non ha visto il primo film non so quanto possa capirci.
   






  

giovedì 12 ottobre 2017


               Recensione: Romanitas





 Autrice: Sophia McDougall
Genere: Ucronia
Editore: Newton Compton
Anno: 2005
Pagine: 550
Link ebook: Amazon


2757 a.u.C, l'Impero Romano vive ancora. 

Corre l'anno 2757 dalla fondazione di Roma. L'impero romano non è mai crollato, ha esteso il suo dominio lungo tutti i secoli fino ai giorni nostri; oltre i suoi confini adesso sono soltanto l'impero cinese, Nionia (il Giappone) e il regno d'Africa. E non si tratta di confini pacificati. Uno schiavo è in attesa di essere crocifisso; una giovane donna disperata, con il dono di leggere i pensieri altrui, cammina a passi misurati per le vie di Londra; una banda di fuggiaschi si nasconde sui Pirenei, mentre su schermi giganti situati in ogni città il mondo assiste al funerale della coppia più prestigiosa della famiglia imperiale. Soltanto un integerrimo ufficiale dubita che le morti del fratello dell'imperatore, un eroe di guerra, e della sua bella e carismatica moglie siano accidentali. Il sedicenne erede al trono sta per venire a conoscenza di un segreto che minaccia la sicurezza della più grande potenza della Terra - e la sua stessa vita. Questo è l'impero romano. Oggi.


Ebbene sì, so che non ci crederete ma ho letto un malloppone di 550 pagine, nonostante come sapete in genere evito libri troppo lunghi: non ho potuto però resistere a un ucronico che s’intitola “Romanitas” , con tanto di cover con tre croci che svettano su una città moderna (Londra).
E non me ne sono pentita, anche se ammetto che quando ho scoperto che si tratta di una trilogia la tentazione di sbattere la testa al muro è stata forte…



I protagonisti di questo romanzo sono tre. Uno è Marco Novio, erede al trono imperiale, che a causa di un complotto a suo danno è costretto a fuggire: hanno infatti tentato di assassinarlo, e il giovane, i cui genitori sono morti in un incidente d’auto, scappa. Sulla famiglia dei Novii tra l’altro grava una maledizione : molti dei suoi membri infatti sono destinati alla follia. Sulla sua strada incontra due fuggiaschi, Una e Sulien, fratello e sorella dotati di particolari poteri: lui è un guaritore, lei ha poteri psichici. Sulien era stato condannato alla crocifissione per un delitto che non ha commesso, le origini di lei sono più misteriose. I due non sanno inizialmente che Marco è l’erede al trono, e insieme si dirigono in un luogo segreto in cui si rifugiano gli schiavi fuggiaschi.
Da qui si dipana una trama ricca di personaggi, azione, sentimenti e qualche colpo di scena nel finale.
Ciò che ho apprezzato di più di questo romanzo è la capacità che ha avuto l’autrice di ideare un mondo in cui “l’impero romano vive ancora”,  come recita il sotto-titolo del libro, mondo coerente con l’essenza della romanità del titolo e quindi credibile. Siamo nel 2757 a.U.c., quindi nel 2004 d.C.  l’Impero ha conquistato gran parte del mondo conosciuto,  si è evoluto tecnologicamente non come il nostro ma si può definire contemporaneo: abbiamo il long dictor, ovvero il telefono (ma non il cellulare), il long vision cioè la televisione, l’elettromagnetismo per far funzionare macchine, automobili e treni, ma perdurano la schiavitù e le crocifissioni.

Da dove è partita la divergenza di questo mondo dal nostro? Il fulcro del concetto di ucronia è proprio questo: a un certo punto la storia prende una piega diversa da ciò che è successo nella realtà, quindi gli avvenimenti che si susseguono sono divergenti da quelli che conosciamo. L’aurice stessa, alla fine del libro, ci fornisce la risposta, mostrandoci una breve storia del “suo” Impero romano. 
Nel 192 d.C. dopo l’assassinio di Commodo, venne eletto Pertinace, un uomo virtuoso che fu ucciso dopo poco dai Pretoriani; qui, nel "suo" mondo,  il complotto viene invece scoperto, e Pertinace continua a regnare sistemando le falle che Commodo aveva creato con la sua dissennatezza nell’Impero, e così la storia prende una piega del tutto diversa: dotata di nuova linfa, Roma continua la sua espansione, la setta dei cristiani non prende piede e si arriva così all’oggi.
Tutto ciò presuppone una grande conoscenza della storia romana da parte dell’autrice, molto studio e preparazione, nonché una bella dose di inventiva per creare i nomi geografici che avrebbero le terre al giorno d’oggi se fossero state romanizzate: ad esempio il Giappone è Nionia, mentre l’America Terranova.
I personaggi sono tutti ben delineati, anche troppo: la McDougall non lesina in descrizioni minuziose dei loro sentimenti e dei loro pensieri, a volte a mio parere in modo eccessivo. Ci sono anche descrizioni fisiche esagerate: una intera pagina per descrivere Dama, uno dei personaggi che i tre protagonisti incontrano a metà romanzo!
La parte iniziale e quella finale sono appassionanti, mentre quella centrale l’ho trovata troppo lunga e prolissa: con meno pagine e meno lungaggini il ritmo sarebbe stato più elevato.
Lo stile è accattivante, ma a volte l’autrice scivola troppo nel tell anziché nello show, spiegonandoci troppo soprattutto riguardo a cosa provano e pensano i personaggi, più che sugli avvenimenti in sé, inoltre si hanno delle lungaggini; la McDougall fa anche un eccessivo uso di avverbi di modo e di corsivi per far risaltare alcune parole.

Riguardo l’edizione cartacea che ho letto, la cover è di grande impatto e non ci sono refusi nel testo. Ottima l’idea di inserire un albero genealogico all’inizio, in quanto nelle prima pagine si fa confusione col nome dei personaggi della famiglia imperiale, e di inserire alla fine note di autrice e traduttrice per spiegare le loro scelte riguardo la terminologia e la traduzione.
Alcuni errori credo siano da attribuire alla traduzione italiana più che all’autrice, come l’uso del “lei” per rivolgersi ai componenti della famiglia imperiale: i Romani non si davano del lei! Come non chiamavano l’imperatore maestà o altezza, bensì Cesare, per non parlare dei chilometri: si usavano le miglia! Questi dettagli quindi non sono stati curati a sufficienza, ma ripeto, non so se è colpa della scrittrice o della traduttrice.
Il romanzo, come dicevo all’inizio, è il primo di una serie di tre, “Roma brucia” e “Il sangue di Roma” : sono curiosa di sapere come si evolverà la vicenda e di certo li leggerò, anche se sono tomi di circa 600 pagine e quindi so che mi aspettano altre lentezze.
Consiglio il libro agli amanti del genere ucronico e  della storia romana  che non si lascino scoraggiare dalle lungaggini.








sabato 7 ottobre 2017


Concorso poetico-fotografico: Finestre sul mondo






L'associazione Licenza Poetica indice la IV edizione del concorso poetico-fotografico edizione 2017-2018, e il tema prescelto è :  "Finestre sul mondo".

Ci saranno   2 sezioni:


Sezione A – poesia e fotografia;
Sezione B – racconto breve di massimo 1800 battute spazi compresi e fotografia.

Qui potete scaricare il Bando completo.
La scadenza per l’invio delle Opere è fissata alla mezzanotte del 30 novembre 2017.
Per qualsiasi informazione potete scrivere a: info@licenzapoetica.com. 
La premiazione si terrà sabato 24 marzo 2018.
Vediamo i punti salienti.
Le opere, poesia o racconto breve, dovranno essere rigorosamente inedite, e corredate da una foto scattata preferibilmente dall'autore stesso, ma è possibile anche avvalersi di un collaboratore.
Le opere andranno spedite all’indirizzo di posta elettronica info@licenzapoetica.com con le seguenti modalità:
- oggetto della e-mail: FINESTRE SUL MONDO.
- file contenente la poesia e/o racconto (compreso il titolo) e la fotografia partecipante al concorso senza alcun segno identificativo tramite file modificale (preferibilmente .doc);
- allegato, in formato jpg, della fotografia di qualità media/alta;
- un file (in qualsiasi formato) contenente: i dati anagrafici dell’autore/i (nome, cognome, età, luogo di residenza, contatto telefonico, indirizzo e-mail, se diverso da quello con cui si è inviato il materiale); una brevissima nota biografica (non più di cinque righe); la dichiarazione di paternità dell'elaborato e la conferma che sia inedito; l’autorizzazione a pubblicare le proprie opere nell’antologia del Premio, qualora fossero ritenute idonee, senza nulla pretendere a nessun titolo.
Per qualsiasi informazione potete scrivere all’indirizzo e-mail dell’Associazione: info@licenzapoetica.com.
Le Opere in Concorso verranno premiate il giorno 24 Marzo 2018, in occasione dei festeggiamenti della Giornata Mondiale della Poesia.
Il Comitato organizzatore contatterà gli Autori finalisti entro e non oltre il 15 Febbraio 2018. La rosa dei finalisti verrà resa nota sul sito ufficiale dell’associazione, sulla pagina facebook e tramite e-mail. L’ordine della classifica sarà svelata la sera stessa dell’evento, di cui verrà tempestivamente fornito il volantino via posta elettronica.
Mi raccomando, ci intende partecipare scarichi il bando completo al link soprastante!
Vi ricordo che la vostra autrice e blogger Alessandra Leonardi (moi) ha partecipato all'edizione precedente, ed è stata selezionata nell'antologia Prospettive differenti con la combo poesia+foto "Angelo barocco". L'antologia è disponibile sul sito dell'Associazione.


Articolo qui: Prospettive differenti 

Amici scrittori e poeti nonchè fotografi: partecipateeeee!

lunedì 2 ottobre 2017


    Anteprima: Cesare il Conquistatore 



Genere: storico-fantasy, mitologico, ucronico
Autore: Franco Forte
Editore: Mondadori
Collana: Omnibus
Data di uscita: 3 ottobre 2017
Pagine: 324
Prezzo di copertina (carteceo): € 19,50


Il 3 ottobre 2017 uscirà il nuovo romanzo di Franco Forte, "Cesare il conquistatore-Alle sorgenti della vita", seconda parte della saga  "Cesare, Oltre i confini del mondo".




Di seguito la sinossi: 




CESARE IL CONQUISTATORE
Torna la saga che fa rivivere Giulio Cesare

Giulio Cesare non è morto
Giulio Cesare è tornato a combattere


Giulio Cesare non è morto, durante la congiura delle Idi di marzo. Stanco della vita fatta di intrighi politici, corruzione e continui scontri con i senatori della Curia, ha inscenato la propria morte insieme a Bruto. E dopo essere scomparso dalla vita politica di Roma, è tornato al comando di un manipolo di uomini ben addestrati e pronti a tutto, la Legio Caesaris, con l'intento di esplorare le terre oltre i confini dell'impero per scoprire ricchezze e tesori, sottomettere le popolazioni barbare e, soprattutto, carpire il segreto della vita eterna.
Perché Cesare ha uno scopo ben preciso in mente, ed è deciso a raggiungerlo: vuole tornare trionfalmente a Roma per fare piazza pulita dei suoi nemici e regnare come imperatore assoluto. Per sempre.

Dopo la sua finta morte, perciò, si è imbarcato con la Legio Caesaris verso i regni degli dei del nord, alla ricerca della mitica isola di Thule, per confrontarsi con le creature eterne che governano il segreto dell'immortalità e strapparglielo con la forza. Lo scontro epico che lo ha visto impegnato insieme a Cicerone, Bruto, Spartaco e gli altri coraggiosi che hanno voluto seguirlo in quell'avventura, si è risolto in una cocente sconfitta.

Ma Cesare non è uomo che si arrende tanto facilmente. Capisce che l'unico modo per conquistare la vita eterna è scendere nell'Averno, il regno delle tenebre, e tuffarsi nelle acque del fiume Stige, che rendono immortali. Ma come raggiungerlo? Secondo le più antiche credenze, lo Stige non è altro che il nome con cui un tempo si indicava il Nilo.
Decide così di intraprendere, sotto la guida esperta e ammaliante della regina Cleopatra, una difficile spedizione per risalire le acque del grande fiume, arrivare fino alla sorgente, individuare l'ingresso all'Averno e conquistarsi il diritto di immergersi nello Stige, combattendo contro gli dei e le terribili creature che popolano il regno degli inferi.


Qualche nota sull'autore, Franco Forte




L'autore
Franco Forte nasce a Milano nel 1962. Giornalista, traduttore, sceneggiatore, editor delle collane edicola Mondadori (Gialli Mondadori, Urania e Segretissimo), ha pubblicato i romanzi Cesare l'immortale, Caligola – Impero e Follia, Il segno dell’untore, Roma in fiamme, I bastioni del coraggio, Carthago, La Compagnia della Morte, Operazione Copernico, Il figlio del cielo, L’orda d’oro – da cui ha tratto per Mediaset uno sceneggiato tv su Gengis Khan –, tutti editi da Mondadori, e La stretta del Pitone e China killer (Mursia e Tropea). Per Mediaset ha scritto la sceneggiatura di un film tv su Giulio Cesare e ha collaborato alle serie “RIS – Delitti imperfetti” e “Distretto di polizia”. Direttore della rivista Writers Magazine Italia (www.writersmagazine.it), ha pubblicato con Delos Books Il prontuario dello scrittore, un manuale di scrittura creativa per esordienti. Il suo sito: http://www.franco-forte.it/




domenica 1 ottobre 2017


100 thousand Poets for change 2017





Anche quest'anno nel mese di settembre è stato organizzato l'evento mondiale "100 thousand Poets for change".
Il concorso per poeti italiani, organizzato da Agnese Monaco, si è tenuto il 30 settembre a Roma presso un locale di Via Eurialo dalle ore 16.
L'organizzatrice ha selezionato le migliori tra le oltre 1300 poesie arrivate; i poeti scelti sono stati invitati a declamare la loro opera davanti a una giuria di esperti che hanno decretato i vincitori.
Le poesie scelte andranno a far parte di un'antologia il cui ricavato andrà a favore di un' associazione animalista.




La sottoscritta non ha partecipato al contest; partecipa all'evento online con la videopoesia "C'è il mare", disponibile dal 29 ottobre su Youtube.

Magari l'anno prossimo parteciperò anche al contest!