lunedì 20 maggio 2019



I LIBRI SIBILLINI- PARTE  II






Dopo aver parlato nell’articolo del mese precedente dei Libri Sibillini in generale, entriamo più nello specifico e analizziamo il loro contenuto  e gli avvenimenti correlati descritti dai cronisti del tempo;  la mia  fonte primaria è la tesi di laurea di Sara Fattor “ La scirttura sibillina- I Libri fatales della storia romana”, interessantissima, che si trova facilmente in rete e che vi invito a leggere per approfondire questa  sintesi.

In questa seconda parte analizzeremo i consulti avvenuti nel V sec a.C. 

Il primo episodio legato ad una consultazione dei libri Sibillni,  riportato da
Plutarco, avviene  nel 504 a.C., nel quarto consolato di Publio Valerio Publicola.
 Durante l’anno si sarebbero verificate una serie di aborti e nascite di bambini malformati (cioè prodigia segnalanti una crisi riguardante la riproduzione).
Il console, dopo aver letto i libri, istituì dei sacrifici ad Ade e ripristinò quei giochi, i ludi , precedentemente  prescritti da un oracolo di Apollo.
Il primo console Publicola non si avvalse in questo caso dei duumviri sacris faciundi (il collegio sacerdotale addetto all’interpretazione di libri all’inizio era composto da soli due individui), leggendo e interpretando da solo i testi.


La seconda consultazione del V sec. a.C. si colloca nel 496 a.C., ed è
riportata solo da Dionigi. Si tratta di un episodio molto importante perchè
 pone un intervento sibillino all’ origine della fondazione del tempio di
Ceres, Liber e Libera sull’Aventino.
L’episodio avviene poco prima della battaglia del lago Regillo, lo scontro che
segna, secondo la tradizione, la vittoria romana sulla Lega Latina (499/496
a.C.). Dionigi racconta che, poco prima di partire con l’esercito, il dittatore
Aulo Postumio aveva ordinato ai duumviri di consultare i libri Sibillini, per
porre fine ad una carestia che aveva colpito Roma.
I duumviri indicano il bisogno di propiziarsi le divinità Ceres, Liber e Libera (divinità correlate all’agricoltura e alla vegetazione)
Postumio promette quindi di votare un tempio  e istituire dei ludi alle tre
divinità designate, qualora sia assicurata nuovamente l’abbondanza di generi
alimentari alla città.

La terza consultazione del V secolo è testimoniata solo da Dionigi, che sostiene il ricorso ai libri nel 488 a.C., quando Roma si trovò nuovamente in procinto di fronteggiare un conflitto interno.
 Nello specifico si tratta di decidere se portare guerra o no a Marcio Coriolano, il patrizio che
dopo essere stato mandato in esilio per il suo dispotismo e per essersi
opposto alla distribuzione del grano alla plebe, si era rifugiato presso i Volsci
ponendosi alla loro guida contro i Romani. Nell’episodio in questione,
l’esercito di Coriolano, formato dai Volsci, si trova accampato alle porte di
Roma.
La decisione di non affrontare Coriolano venne
presa non solo in virtù di considerazione politiche, ma anche in base a ciò che
pareva manifestare la volontà degli dèi.
Quindi, in modo anomalo, i libri non vengono consultati per espiare dei prodigia, ma per verificare il favore divino verso una iniziativa collettiva. (pag 50).

Di una quarta consultazione, nel 461 a.C. , ce ne danno notizia Livio e Dionigi. In quell’anno venne riproposta al Senato dal tribuno della plebe Tarentillo Harsa che proponeva l’elezione di cinque magistrati che avrebbero dovuto limitare il potere consolare che era in mano ai patrizi.
Il ricorso ai libri viene causato da diversi fenomeni: cielo infuocato, un terremoto, una vacca parlante e soprattutto una pioggia di carne che non imputridisce. Dionigi aggiunge  anche apparizioni di spettri e voci. I duumviri, in questo episodio, anziché indicare un piaculum (un’azione cultuale), danno una predizione ed un consiglio.
Il problema era di evitare la discordia e i disordini interni, già verificatisi l’anno precedente; i tribuni della plebe però non accetteranno questo responso che ammoniva di astenersi dalle sedizioni.

Il racconto di questi anni mette in luce la volontà della classe dirigente, il patriziato, di controllare il comportamento della parte politica rappresentata dai plebei, attraverso una manipolazione religiosa: in luogo di un piaculm viene proposto infatti un ‘comportamento’ e specificatamente un comportamento politico, quello diastenersi dalle sedizioni per non turbare la pax deorum. A questo punto risulta decisivo il rifiuto della plebe di seguire l’indicazione politica data da un autorita religiosa. Questo atteggiamento dei tribuni si inquadra in quel processo della mentalità romana per cui si avrà una distinzione tra il civico e il religioso.
Successivamente  si darà il via al processo che porterà al rifiuto dell’elemento oracolare inteso come autorità in grado di dettare scelte politiche e che  sarà coronato nel 367 a.C. con la creazione dei decemviri sacris faciundi, nuovo collegio composto per metà da plebei e per metà da patrizi.

La quinta consultazione si colloca nel 436 a.C. Sono ricordati molti prodigi per
quest’anno, per cui in ultimo si ricorre ai libri, che indicano di eseguire una
obsecratio , ovvero una particolare forma di supplicatio, o ‘preghiera’ pubblica, manifestazione
di venerazione collettiva indirizzata agli dei, a cui partecipava tutta la comunità. Il termine
obsecratio   indica in particolare una supplicatio   volta a stornare una calamità.
Livio scrive per l’anno in questione che, nonostante i tentativi di sobillazione di
uno dei tribuni, tale Spurio Melio, nella città si mantenne una situazione di tranquillità e di concordia tra le classi. Il tribuno che cerca inutilmente di fomentare tumulti, è omonimo di un altro
Spurio Melio, un cavaliere che tre anni prima era stato causa di gravi disordini
nella città; in occasione di una carestia, che affamava in particolare i più umili,
aveva fatto incetta di grano in Etruria e lo aveva elargito alla plebe. Era stato
pertanto accusato dal prefetto dell’annona, Minucio, di sobillare la plebe al
fine di restaurare l’ordine monarchico (de regno agitare); chiamato dal
dittatore a rispondere alle accuse, si era rifiutato di seguire il magister equitum Servilio Aala, che perciò lo aveva ucciso sul posto .
Nel 439 a.C. vi era dunque stata una situazione di discordia interna; una crisi he aveva avuto come causa prima la carestia che aveva esasperato gli animi della plebe.
Le carestie potevano essere considerati alla stregua di prodigia, come anche i tumulta.  Il senato riconosce come monstrum, non naturale, l’aspirazione alla monarchia di Spurio Melio: l’avvento di Spurio Melio era stato reso possibile in quanto nel444 a.C. la carestia e le sedizioni non erano stati considerati prodigia e dunque ‘non espiati’; questo aveva permesso all’eventum di verificarsi, Nel 436 a.C. la comparsa del tribuno Spurio Melio, che si presenta come un “doppio” dell’ omonimo di tre anni prima, rischia di replicare la stessa situazione; in realtà ciò non avviene, poiché i suoi tentativi non vengono considerati dal punto di vista politico. In tale situazione di concordia, tuttavia viene comunque organizzata l’obsecratio come remedium,  a compensare la mancata espiazione della carestia del 444 a.C.



Per il sesto ed ultimo episodio del quinto secolo abbiamo la testimonianza  di Livio. Nell’ anno 433 a.C., e’ un’epidemia a richiedere la consultazione. Furono gli stessi duumviri a compiere tali atti
cultuali, come più volte sarà registrato nel III secolo. Nello stesso anno Livio scrive che venne anche votato un tempio ad Apollo.
A Roma, il dio era venerato soprattutto nelle sue qualita’ di guaritore e vincitore, caratteristiche riassunte nel concetto latino di sospitalis, “salvatore” dalle calamità della peste e della guerra. Il dio era chiamato a garantire non solo la ‘salvezza’ dai mali della peste, ma anche la ‘salus’ della repubblica,
preservandola dai mali della discordia.


Ci vediamo il mese prossimo con le consultazioni sibilline del IV secolo a.C.,  vi ricordo che tali informazioni sono tratte dalla tesi di laurea di Sara Fattor pubblicata online e che vi invito a consultare per ulteriori approfondimenti.

Alla prossima!

 Credits immagine: sito Tuttitemi



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