sabato 2 febbraio 2019




CINERECENSIONE:  IL  PRIMO  RE







 Genere: storico, mitologico
Produzione: Italia- Belgio
Regia: Matteo Rovere
Durata: 127 min.
Data di uscita: 31 gennaio 2019
Cast: Alessandro Borghi, Alessio Lapice, Tania Garribba, Fabrizio Rongione, Alessandro Rossi


Finalmente!  Divis   gratias,  in Italia siamo riusciti a produrre un film epico sulle nostre origini che non ha nulla da invidiare ai kolossal d’oltreoceano, anzi dovrebbe essere il contrario.
Matteo Rovere e tutta la produzione hanno coinvolto archeologi e studiosi per dare al film quel senso di realismo che lo contraddistingue da tutte le altre opere del genere, rintracciabile solo  nei film gibsoniani Apocalypto e La passione di Cristo specie per quanto riguarda il linguaggio: si è deciso di utilizzare un proto-latino, in cui qui e là sono riconoscibili molte locuzioni del latino studiato a scuola.  Ma non solo. C’è un’attentissima ricostruzione della società dell’epoca, delle usanze, dell’abbigliamento, dei villaggi fatti di paglia e fango (i pagi),  della religione che non è quella attribuita al periodo da tutti coloro che hanno narrato la vicenda di Romolo e Remo nei secoli successivi (ad es Tito Livio, Orazio, Plutarco), ma una religione arcaica in cui si veneravano una triplice dea, come vediamo nella prima scena [potrebbe essere la triade lunare Selene-Artemide-Ecate oppure, più probabilmente  la dea Madre nei suoi tre aspetti (giovane, madre, vecchia) ] e il dio fuoco, come emerge in quasi tutte le scene del film .
La religiosità arcaica era intrisa di superstizione (ma anche quella classica in effetti), e non c’erano Marte e Venere e altri dei noti, acquisiti in seguito.  Ho riscontrato quindi una piccola imprecisione quando Satnei, la sacerdotessa del dio fuoco viene chiamata Vestale, in effetti lo era ma non si poteva definire con questo appellativo perché il dio fuoco non era Vesta, culto comunque antichissimo;  ma per familiarità ci può stare, dai.

Romolo e Remo sono dunque due gemelli restati soli, a causa della morte della madre per colpa degli  Albani, e Remo, il più forte, si prende cura del più delicato, Romolo. La scena iniziale è un piccolo capolavoro: i due pastori vengono travolti dal fiume in piena e poi catturati dagli Albani stessi, insieme ad altri prigionieri, e costretti a combattere davanti alla Vestale che deve compiere i suoi riti. Remo però riesce a far scappare tutti, li porta ad attraversare un bosco che incute timore mentre Romolo è gravemente ferito e siccome è stato toccato dal fuoco/dalla Vestale lo ritengono maledetto e vogliono ucciderlo, ma Remo lo protegge. Poi arrivano in un villaggio dove Remo si autoproclama re. È lui dunque il primo re del titolo.

 La Vestale è anche aruspicina e in un fegato di capretta legge il loro futuro: dei due, uno solo sarà re di un impero che non avrà eguali. Remo però va oltre, è violento, il potere e la forza fan sì che si ritenga superiore agli dei e pecca così di hybris; Romolo invece è pius e consdera il poplo non come schiavo, ma come gente libera.

Non voglio raccontare tutto il film anche se la storia è nota; mi soffermerei sugli aspetti tecnici. Abbiamo già detto della meticolosità di scenografia, costumi, ricostruzione (gli attori sono sempre tutti sporchi di fango , feriti, lacerati) ; a questo hanno contribuito una fotografia a luce naturale, perfetta, e una colonna sonora mai ingombrante. Circa il montaggio, mi sembra di aver notato tre raddoppi ma dovrei rivederlo (cosa che presumo di f are). 


Non c’è un intreccio narrativo vero e proprio, non è quel genere di film, qui si racconta altro; c’è chi potrebbe trovare pesanti due ore e 10 di film, a me è piaciuto ogni singolo fotogramma, anche se non amo i sottotitoli : ci sono i tempi giusti per immergerci in quel mondo arcaico, anche quando pare che alcune scene siano ripetitive.
L’interpretazione dei protagonisti , Borghi e Lapice, è eccezionale, non deve essere stato facile recitare sporchi di fango e parlando in proto-latino per tutto il tempo. Tutto il cast ha dato una grande prova di recitazione.
Il regista Matteo Rovere lo avevo già apprezzato in Veloce come il vento, qui fa un enorme passo in avanti, come lo fa tutto il cinema italiano , che dimostra di non essere solo commedia che percula i borghesi o drammoni sempre borghesi (dimostrazione già effettuata con altri film come Lo chiamavano Jeeg robot, ma questo è diverso).
A chi lo consiglio?  Davvero a tutti, però se ci si infastidisce per scene cruente e di violenza (ci sono arti spezzati e uccisioni di animali, sempre in nome del realismo) astenersi. Bambini: non è vietato, ma lo consiglio da 13 anni in su.
Il 2019 cinematografico è iniziato benissimo!







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