CINERECENSIONE:
IL PRIMO RE
Produzione:
Italia- Belgio
Regia:
Matteo Rovere
Durata:
127 min.
Data
di uscita: 31 gennaio 2019
Cast:
Alessandro Borghi, Alessio Lapice, Tania Garribba, Fabrizio Rongione,
Alessandro Rossi
Finalmente!
Divis
gratias, in Italia siamo riusciti a produrre un film
epico sulle nostre origini che non ha nulla da invidiare ai kolossal d’oltreoceano,
anzi dovrebbe essere il contrario.
Matteo
Rovere e tutta la produzione hanno coinvolto archeologi e studiosi per dare al
film quel senso di realismo che lo contraddistingue da tutte le altre opere del
genere, rintracciabile solo nei film
gibsoniani Apocalypto e La passione di Cristo specie per quanto riguarda il linguaggio:
si è deciso di utilizzare un proto-latino, in cui qui e là sono riconoscibili
molte locuzioni del latino studiato a scuola. Ma non solo. C’è un’attentissima ricostruzione
della società dell’epoca, delle usanze, dell’abbigliamento, dei villaggi fatti di
paglia e fango (i pagi), della religione
che non è quella attribuita al periodo da tutti coloro che hanno narrato la vicenda
di Romolo e Remo nei secoli successivi (ad es Tito Livio, Orazio, Plutarco), ma
una religione arcaica in cui si veneravano una triplice dea, come vediamo nella
prima scena [potrebbe essere la triade lunare Selene-Artemide-Ecate oppure, più
probabilmente la dea Madre nei suoi tre
aspetti (giovane, madre, vecchia) ] e il dio fuoco, come emerge in quasi tutte
le scene del film .
La
religiosità arcaica era intrisa di superstizione (ma anche quella classica in
effetti), e non c’erano Marte e Venere e altri dei noti, acquisiti in seguito. Ho riscontrato quindi una piccola imprecisione
quando Satnei, la sacerdotessa del dio fuoco viene chiamata Vestale, in effetti lo era
ma non si poteva definire con questo appellativo perché il dio fuoco non era
Vesta, culto comunque antichissimo; ma per familiarità ci può stare, dai.
Romolo
e Remo sono dunque due gemelli restati soli, a causa della morte della madre
per colpa degli Albani, e Remo, il più
forte, si prende cura del più delicato, Romolo. La scena iniziale è un piccolo
capolavoro: i due pastori vengono travolti dal fiume in piena e poi catturati
dagli Albani stessi, insieme ad altri prigionieri, e costretti a combattere
davanti alla Vestale che deve compiere i suoi riti. Remo però riesce a far
scappare tutti, li porta ad attraversare un bosco che incute timore mentre Romolo
è gravemente ferito e siccome è stato toccato dal fuoco/dalla Vestale lo
ritengono maledetto e vogliono ucciderlo, ma Remo lo protegge. Poi arrivano in
un villaggio dove Remo si autoproclama re. È lui dunque il primo re del titolo.
La Vestale è anche aruspicina e in un fegato
di capretta legge il loro futuro: dei due, uno solo sarà re di un impero che non
avrà eguali. Remo però va oltre, è violento, il potere e la forza fan sì che si
ritenga superiore agli dei e pecca così di hybris;
Romolo invece è pius e consdera il poplo
non come schiavo, ma come gente libera.
Non
voglio raccontare tutto il film anche se la storia è nota; mi soffermerei sugli
aspetti tecnici. Abbiamo già detto della meticolosità di scenografia, costumi,
ricostruzione (gli attori sono sempre tutti sporchi di fango , feriti,
lacerati) ; a questo hanno contribuito una fotografia a luce naturale, perfetta,
e una colonna sonora mai ingombrante. Circa il montaggio, mi sembra di aver
notato tre raddoppi ma dovrei rivederlo (cosa che presumo di f are).
Non c’è
un intreccio narrativo vero e proprio, non è quel genere di film, qui si
racconta altro; c’è chi potrebbe trovare pesanti due ore e 10 di film, a me è piaciuto
ogni singolo fotogramma, anche se non amo i sottotitoli : ci sono i tempi
giusti per immergerci in quel mondo arcaico, anche quando pare che alcune scene
siano ripetitive.
L’interpretazione
dei protagonisti , Borghi e Lapice, è eccezionale, non deve essere stato facile
recitare sporchi di fango e parlando in proto-latino per tutto il tempo. Tutto
il cast ha dato una grande prova di recitazione.
Il
regista Matteo Rovere lo avevo già apprezzato in Veloce come il vento, qui fa
un enorme passo in avanti, come lo fa tutto il cinema italiano , che dimostra
di non essere solo commedia che percula i borghesi o drammoni sempre borghesi
(dimostrazione già effettuata con altri film come Lo chiamavano Jeeg robot, ma
questo è diverso).
A chi
lo consiglio? Davvero a tutti, però se
ci si infastidisce per scene cruente e di violenza (ci sono arti spezzati e
uccisioni di animali, sempre in nome del realismo) astenersi. Bambini: non è
vietato, ma lo consiglio da 13 anni in su.
Il
2019 cinematografico è iniziato benissimo!
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