RACCONTO
L'ARKA TOWER di ALESSANDRO DEL GAUDIO
I RACCONTI FREE DI IUF-
DECAMERON EDITION #4
Cari lettori, proseguiamo a farvi compagnia con i racconti offerti da alcuni scrittori. L'Arka Tower di Alessandro Del Gaudio è un inedito urban fantasy per bambini e ragazzi e fa parte della raccolta "Occhi color meraviglia".
L’Arka Tower
Per Doraura
quella città era sempre stata magica e lei era convinta di non sbagliarsi.
Abitava in un grattacielo costruito nessuno sapeva dire con precisione quando,
alto più di cento metri, un edificio di 35 piani che svettava verso l’alto,
culminando sulla punta con la statua di una donna bellissima, che i bambini
avevano ribattezzato Dea Natura. La ragione era semplice: quel palazzo si
chiamava Arka Tower e ad ogni piano presentava, ripetuto ai quattro angoli, un
animale di pietra. Al primo piano, ad esempio, c’erano gli ippocampi, al
secondo i coccodrilli, al terzo i babbuini e così via, fino al
trentacinquesimo, con i suoi quattro orsi. Doraura abitava al ventesimo piano
e, guardando oltre il vetro di straforo, poteva scorgere un bellissimo
pellicano grande all’incirca quanto lei. A lei sembrava bellissimo, anche se
doveva ammettere che aveva un aspetto alquanto buffo. Sotto il suo grande becco
sembrava sorridere, fissando dall’altezza di sessanta metri i quartieri
meridionali della città. Forse c’era qualcosa che lo divertiva, qualcosa che
vedeva solo lui, che ai comuni mortali non era dato sapere. Essendo a più di
metà strada tra il primo piano e l’ultimo, tra gli ippocampi e gli orsi, doveva
essere un animale molto nobile – pensava, perché più un animale si avvicinava
alla Dea Natura e più era importante. I quattro orsi del piano 35, per
intenderci, dovevano essere i servitori personali della Dea, anche se Doraura
non riusciva a comprendere cosa ci trovasse una donna così regale in quattro
animali che mancavano così palesemente di grazia. Ma se lei aveva scelto gli
orsi per servirla, una ragione doveva pur esserci.
Doraura amava
stare là, era una ragazza piena di fantasia e spesso vagava con l’immaginazione
oltre la finestra, pensava a quante cose stavano succedendo nella sua grande
città nell’istante in cui lei guardava, quante avventure si consumavano nelle
sue strade e tra la gente. Sicuramente in quel posto dovevano abitare maghi e
fate, cavalieri e amazzoni, creature straordinarie e semidivinità, tutti
camuffati da comuni esseri umani per non farsi riconoscere. Era troppo piccola
per passare molto tempo fuori; avesse potuto girare un po’ più liberamente, era
certa che sarebbe riuscita a scoprire il segreto di ogni abitante della città,
a violare la sua natura nascosta sotto le sembianze umane.
Ogni tanto la
madre la sorprendeva in camera a parlare con il pellicano, e sembrava
preoccupata da quel suo comportamento. A volte la sgridava quando la vedeva,
perché così si distraeva dal fare i compiti, ma Doraura pensava che alla madre non piacesse quell’animale di
pietra, che avrebbe preferito vederla parlare con un cerbiatto, o con un
pavone, un cigno, un delfino. Un pellicano doveva essere troppo stupido per
parlare con la figlia di una donna importante quale era sua madre.
Allora Doraura
aveva smesso di parlargli, quando sapeva che sua madre era in casa; aspettava
di farlo nei momenti – frequenti – in cui lei era fuori per lavoro e la
lasciava alle cure della governante.
“Sai che oggi
ho preso otto nel compito di aritmetica, Pel?”
Pel era il nome
che Doraura aveva dato all’uccello di pietra.
“Sorridi perché
sei contento del mio voto o perché hai visto qualcos’altro di divertente, dal
tuo osservatorio?”
Poi restava a
pensarci sopra: visto che tutte le volte che gli poneva una domanda il
pellicano non le rispondeva mai, presto o tardi rinunciava a continuare a
parlargli e tornava a occuparsi di quello che stava facendo. Ma non gli faceva
mai mancare la sua stima, perché doveva essere un animale molto coraggioso per
non abbandonare mai la sua postazione, e molto forte per non stancarsi mai di
mantenere la solita posizione. Immaginava come doveva sentirsi Pel quando
nevicava e il cornicione diventava scivoloso, eppure lui non cadeva mai; e cosa
avrebbe fatto lei se un temporale estivo l’avesse sorpresa e infradiciata
d’acqua? Certo, avesse avuto le ali di Pel, sarebbe volata a cercare riparo per
proteggersi dalla pioggia e dai fulmini. Invece lui resisteva come un vero
guerriero, senza mai perdere il sorriso.
“Un giorno
salverai il mondo, Pel, e vedrai che la buona Dea Natura ti promuoverà al rango
di suo servitore personale. Certo sarò un po’ triste quel giorno, perché
finirai al trentacinquesimo piano e non potrò più godere della tua compagnia,
però sarò anche felice perché potrò raccontare a tutti di aver conosciuto di
persona il servitore più coraggioso della Dea Natura, potrò dire che eravamo
grandi amici. E allora anche mia madre smetterà di trovarti ridicolo, anzi
penserà che sei il più bello degli animali che vivono in questo palazzo”.
Poi un giorno pieno di sole, un giorno in cui niente
lasciava presagire potesse succedere qualcosa di brutto, la terra cominciò a
tremare. Dapprima si udì un fragore, poi seguì la prima scossa. Doraura era a
casa, nella sua camera, e stava disegnando un bel prato fiorito con tanti
bambini che giocavano a rincorrersi. Inizialmente pensò stesse per mettersi a
piovere, ma il cielo era sgombro da nuvole e quello non poteva essere stato un
tuono dovuto a un temporale. Stupita si alzò dalla sedia e in un attimo si
ritrovò a terra. Vide la stanza come vorticarle attorno, i mobili sbattere
contro le pareti come se avessero preso vita, il lampadario oscillare
spaventosamente e comprese, sgomenta, che c’era il terremoto.
L’Arka sussultava
tutta, da quell’altezza era impossibile non avvertire in modo ancora più
evidente il sisma, i vetri delle finestre che si crepavano, i quadri e le
fotografie che cadevano a terra in un presagio apocalittico, il pavimento che
sembrava scosso dai pugni di un titano.
Doraura non
riusciva a muoversi, sapeva che doveva mettersi in salvo, ma il terrore l’aveva
completamente paralizzata e in cuor suo sperava solo che tutto finisse presto,
senza chiedersi come. Si raggomitolò su se stessa e cominciò a urlare, poi a
recitare tutte le preghiere che aveva imparato fino a quel giorno.
Il vetro
continuò a incrinarsi, una linea biforcuta attraversò interamente la sua
superficie, poi seguì un’esplosione di frammenti cristallini.
“Pel…”
Doraura sentì
una fitta alla testa e il buio la ingoiò.
Pensò che
avrebbe vagato nelle tenebre per sempre, invece la bambina si sentì scuotere e
con la stessa fatica con cui un culturista solleva un peso di più di cento
chili, i suoi occhi si aprirono. L’accolse una luce sfuocata, poi un’immagine
cominciò a prendere forma nel suo spazio visivo e apparve il volto caro della
madre in lacrime.
“È salva”,
disse a fatica, la voce rotta dall’emozione.
La donna
abbracciò sua figlia e la strinse forte per alcuni, intensi secondi.
“Cosa è
successo?”, domandò la bambina.
“C’è stato un
bruttissimo terremoto, piccola mia. Ha colpito la città e la regione
circostante”.
“E la nostra
casa?”
“Ha resistito,
bambina mia. La torre non è caduta”.
Merito della
Dea Natura, pensò Doraura.
Le sue mani
grassocce toccarono la fresca superficie di un lenzuolo bianco, così Doraura
comprese di essere sdraiata in un letto. Attorno non c’era solo la mamma ma
molta gente, persone con il camice bianco e alcune facce che riconobbe, tra cui
quella della loro governante. Si sentiva molto stanca, ma era circondata
dall’affetto di tutti e questo le regalò un riposo più tranquillo.
L’Arka Tower
era rimasta in piedi, ma non senza aver subito danni evidenti. Alcune statue
erano cadute, persino quella della Dea Natura posta sulla cima restava appesa
solo per un angolo del basamento, e i vigili del fuoco stavano intervenendo per
rimetterla in piedi. Anche Pel non era più al suo posto, ma Doraura era certa
che stesse bene e che sarebbe tornato a farle compagnia. L’aveva visto entrare
dalla finestra subito dopo che il vetro era esploso, non un uccello di pietra
ma un bellissimo pellicano in carne e ossa, che l’aveva soccorsa e salvata. La
mamma si ostinava a dire che era stata la loro governante a trarla in salvo,
dopo essere riuscita ad uscire dalla stanza in cui era rimasta inizialmente
bloccata, ma Doraura era certa che le cose non si erano svolte in quel modo.
L’appartamento
in cui vivevano era ridotto piuttosto male, c’erano calcinacci dappertutto e
molti mobili si erano capovolti, ricoprendo il pavimento di frammenti di legno.
Il loro contenuto era sparso ovunque, ci sarebbero voluti giorni, forse
settimane solo per rimettere tutto a posto.
Con la
tristezza nel cuore, Doraura si rassegnò ad andare via con la madre. Sarebbero
tornati nella loro casa solo quando ne sarebbe stata confermata l’agibilità,
allora avrebbero potuto risistemare l’arredamento e ricominciare a viverci.
Solo una lacrima scese a rigare la guancia della bambina quando lasciarono
l’Arka Tower, poi, mano nella mano, lei e la mamma si allontanarono da quel
posto.
Passarono tre
mesi interminabili, prima che potessero rimettere piede nella loro casa al
ventesimo piano di quel grattacielo. Erano stati novanta giorni in cui Doraura
non aveva mai smesso di pensare a quello che aveva lasciato e a quando avrebbe
potuto ricominciare a vivere come prima. Tornare a scuola dopo quel disastro,
mezza città distrutta dal terremoto, palazzi sventrati e strade inutilizzabili,
alcuni compagni di classe che avevano dovuto trasferirsi per sempre in altri
quartieri; era stato difficile riprendere a fare i compiti, giocare con gli
amici, persino disegnare, la cosa che a Doraura piaceva più di tutte. Il comune
aveva dato a lei e alla madre una casa distante da dove abitavano prima, ogni
mattina per andare a scuola dovevano svegliarsi molto presto e prendere la
macchina. Era tutto molto difficile, anche per una bambina come Doraura,
abituata a stemperare il dolore con l’immaginazione.
Il giorno del
ritorno, quando vide l’Arka Tower completamente restaurata, quasi si mise a
piangere. Avrebbero ripreso l’ascensore, sarebbero saliti al ventesimo piano e
tutto sarebbe ricominciato come prima.
Quando
entrarono in casa tutto aveva un odore diverso, tanto che la bambina storse il
naso.
“Non
preoccuparti, piccola, ci penserò io a restituire a questo posto il solito
profumo. Per un po’ non andrò a lavorare e starò molto tempo con te”, disse la
madre. Poi la prese per mano e l’accompagnò nella sua camera. Era inondata di sole
come sempre, come se niente fosse successo dal giorno del terremoto, quando il
cielo era altrettanto azzurro e il panorama nitido. Alcuni mobili erano nuovi,
ma tutto sembrava aver recuperato il suo calore. La mamma accompagnò Doraura
verso la finestra e, ancora prima che potesse parlare, la bambina fu colta da
gioia e stupore immensi. Pel.
“Visto, è
tornato anche lui”, disse la mamma e la bambina questa volta non riuscì a
trattenere le lacrime.
“Mi ha salvato,
sai mamma?”, disse Doraura, come se fosse la prima volta che le raccontava
quella storia.
La mamma
sorrise e le stampò un bacio affettuoso sulla guancia.
“Lo so,
piccola. Lo so”.
Fine
Alessandro Del Gaudio è
nato a Torino nel 1974.
Ha pubblicato i romanzi: Il candore dei
ciliegi (2001), Lungomare (2002), Le note di Nancy (2009), Aziza
(2011), Metallo d’Ombra (2012), Lacrima d’Ombra (2014),
Italoamericana (2016), Il tuo nome (2016), Aurora d’Inverno
(2018) , Tenebra Lux (2018) e Anello D'Ombra (2019), ed il
Foglio. È inoltre autore di un’antologia di racconti - Luna
all’alba (2004) - e di due saggi: Identità segreta
(2008) e Kyoko mon amour. Vent’anni di manga giovanili
(2009). Ha curato due antologie di racconti fantastici: nel 2002
Aigam Magia e nel 2013 Tonirica.
Lavora
in un importante museo nazionale e collabora con il circolo
letterario Letture Corsare
di Borgaro Torinese, di cui è giurato nel premio nazionale Racconti
Corsari.
È
inoltre bibliotecario presso la Biblioteca Delussu di Torino, nata
per iniziativa dell’Associazione SanTourin, che cura progetti di
cittadinanza attiva ed educativa di strada nel quartiere Borgo
Vittoria.
Pagine
personali su Facebook:
Alessandro
Del Gaudio scrittore
L’Antro
del Vespero – Il fantasy di Alessandro Del Gaudio
Prossimamente altri racconti, stay tuned!
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