Un thriller fantascientifico con tematiche LGBTQ+
Cari lettori,
oggi parliamo di Z- nulla da perdere di Valeria Florio, edizioni Haiku, un thriller fantascientifico che affronta tematiche LGBTQ+.
La trama:
Città di Zeta, in un’imprecisata nazione dell’Est Europa.
Negli anni 2000, un governo dispotico esercita un feroce controllo della
popolazione basato su leggi razziste e omofobe, annullando, di fatto, ogni
libertà personale. In questo scenario, arriva l’offerta irrinunciabile di un
reality show dedicato a chi non ha più nulla da perdere ma forse qualcosa da
guadagnare.
A partecipare ci sono molti disperati, mentre la gente fuori dalla casa della morte si gusta il programma Cosa sei disposto a vincere? condividendo con emozione il suicidio inevitabile dei concorrenti. Quel che resta da capire è se la storia sarà destinata a ripetersi, nei suoi corsi e ricorsi, oppure se, quando si tocca il fondo, l’umanità sarà capace di rinascere tramite un’inedita speranza.
Abbiamo ben 3 estratti da leggere!
ESTRATTO
1
Torno dai ragazzi in salotto e
mi lascio cadere sul divano. Mi sento vuota, esausta. Non mi sembra reale
quello che stiamo affrontando. Non posso credere che ciò che abbiamo vissuto
come un gioco quest’ultima settimana costerà la vita a uno di noi. E che, uno
alla volta, alla fine moriremo tutti. Tranne chi vincerà ovviamente.
Abbiamo votato tutti, o forse,
non so, manca ancora qualcuno. Aspettiamo con ansia il primo verdetto. Ognuno,
adesso, rimane solo con se stesso. Animali in gabbia. Feriti.
Dopo qualche minuto di
silenzio, compare in video l’immagine della conduttrice. Si sentono gli
applausi del pubblico e la sua voce melliflua richiama la nostra attenzione
fingendo un accento svedese:
«COME STATE?» strilla.
È insopportabile.
Sorride come se si prendesse
gioco di noi.
«Oggi è il primo martedì.
Giorno di Marte. Il dio della contesa. Ed è una giornata importante per voi.»
fa una piccola pausa. Quindi aggiunge: «Ma è un giorno importante anche per il
mondo intero!».
Lei continua a sorridere.
Il pubblico, ad applaudire.
Io mi sento esattamente come
una cavia da laboratorio e gli altri ragazzi sembrano condividere il mio
medesimo stato d’animo.
«Per prima cosa, voglio
comunicarvi che Mike ha superato con successo la prova della settimana.»
e giù altri applausi. «Le farfalle sono tutte vive e in ottima salute. Per cui
questa sera lui non andrà al patibolo. A meno che non ci sia nessuno a
decidere di salvarlo!» sottolinea con una risatina.
L’atmosfera nella stanza si fa
improvvisamente più spettrale.
Mike sospira… ma chi lo
salverà? Avrà davvero speso l’ultima settimana della sua vita a curare quegli
inutili insetti? Che senso ha tutto questo? Non voglio pensarci. Dentro questa
casa qualsiasi cosa perde presto ogni significato e ogni valore.
Mi sento soffocare, svenire.
Siamo tutti contro tutti in ogni caso. È il gioco che ce lo sta chiedendo,
questo gioco spietato al quale abbiamo deciso di partecipare. Ed ora ne stiamo
pagando tutte le conseguenze.
Mentre la conduttrice continua
a sorridere. E il pubblico, ad
applaudire.
ESTRATTO 2
«Non capirò mai perché hai
deciso di ficcarti in uno schifo del genere.» dice tutto d’un fiato, senza
nemmeno guardarmi negli occhi. Il suo tono mi sembra leggermente alterato.
Io sono nervoso e non sento di
avere molta pazienza in questo momento. La sola idea che tra appena un mese le
persone con cui sto vivendo, compreso me, potrebbero starsene tutte sottoterra
mi mette i brividi. Ma tutto il malessere che ho addosso non mi fa perdere la
voglia di parlare, di raccontare, di aprirmi con qualcuno. In fondo, potrebbero
essere gli ultimi giorni della mia vita.
«Dici che non ho una
motivazione valida?»
«Dico soltanto che forse per
te non ne valeva la pena…»
«Ero stanco di vivere, Katya.
Questo. Ti sembra normale a trent’anni? Vedevo delle vecchiette piene di vita,
e sai cosa pensavo? Beate loro! Cosa non avrei dato per avere metà della loro
grinta, della loro voglia di fare. E invece ho passato gli ultimi cinque anni
seduto sopra un muretto a bere, a sballarmi e ad aspettare che arrivasse sera
per andarmene a dormire. Un’inutile giornata dopo l’altra».
Sento un brivido di freddo, sarà
che è inverno e che sono in mutande.
Il sole, intanto, sta sorgendo
dietro gli alberi e per un attimo questa gabbia mi sembra addirittura più
bella, e questo risveglio più sensato di tanti altri. Ho ancora voglia di
parlare.
«La mia ex-non-vita non ti
sembra forse una motivazione valida?».
Katya spegne la sigaretta, e sarà
la nicotina, ma ha uno sguardo stranamente soddisfatto. Non so se veramente mi
stia ascoltando o se anche lei se ne sta persa nei suoi pensieri più intimi. Ma
non m’importa.
«Mia madre insisteva perché mi
trovassi un lavoro. Diceva che non potevamo andare avanti soltanto con la sua
pensione. Ma io me ne fregavo. Cioè, sì, me lo ripromettevo ogni sera, poi però
di giorno me lo scordavo. E uscivo di casa per comprare le sigarette e andavo a
fumarmele su quel maledetto muro con due amici morti come me. Eravamo tre
cadaveri, e non ce ne rendevamo neanche conto. Cioè, sì, lo sapevamo, ma ce ne
fregavamo e stavamo bene nel nostro vuoto mondo del cazzo! Mio padre è crepato
quando io avevo appena sette anni, Katya. Lui era un sognatore, pensa, voleva metter
su una casa discografica. Ci credeva davvero in quello che faceva. Ha
risparmiato tutta la vita per realizzare il suo progetto e quando finalmente era
tutto pronto… è stirato così, senza preavviso, sotto le ruote di un bastardo camionista
distratto. Sai cos’è che ho imparato da questo? Che non ha senso spendere la
vita a inseguire un progetto».
Interrompo il mio lungo sfogo
chiedendo a Katya di poter fumare. Lei mi porge una sigaretta e il fuoco.
Sorride. Poi se ne accende un’altra anche lei. E mi fa segno di continuare a
raccontare.
«La mia non era vita, era uno
schifo. Un trascinarsi ridicolo, un guardare i giorni scorrere sul calendario. Senza
nemmeno avere lo stimolo di andarsi a fare una cazzo di passeggiata. Merda, non
sai quanto pagherei adesso per potermene stare in riva a quel lago ad appena un’ora
da casa mia! Non ci sono più andato… Che razza di stupido sono stato! Ho
provato a buttarmi da un aereo per vedere che succede, Katya, sono quelle cose
che si fanno quando non tieni davvero alla tua esistenza. Quando pensi che non
valga nulla… e allora la sfidi, per vedere che accade. Tanto non hai niente da
perdere.» sospiro e rimango in silenzio per quasi un minuto. Poi la guardo
negli occhi e quasi mi viene da piangere. «Pensare che adesso mi ci vorrei
aggrappare con le unghie e con i denti, vorrei poter recuperare tutto il tempo
perduto. Ora ho capito che la vita può avere un senso, e vorrei tanto poter avere
ancora il tempo di darglielo io. Questa è la mia motivazione. Non so quanto sia
valida.»
«Serbo,» dice seria Katya puntando
lo sguardo su di me, «questo sarebbe davvero un rap spettacolare, lo sai?» abbozza un mezzo sorriso.
ESTRATTO
3
E pensare che sono sempre
stato il primo della classe io… Laureato con 100 e lode… Poi Master e Scuola di
Specializzazione…
L’autore cammina, pensieroso,
lo vedo andare da una parte all’altra della sala regia, senza sosta, prende
accordi in disparte con le persone presenti.
Anche i due registi sono in
postazione.
Charlie, il più giovane, è alla
sua prima volta, e per questo si sente vagamente eccitato. Oscar, invece, conta
numerose esperienze alle spalle, ma ha anche una famiglia da mantenere; rimpiange
forse la sua scelta, l’avere accettato un lavoro del genere, ma per necessità
si fa questo e altro. È pronto in ogni caso, ma anche un po’ tediato dall’idea
di dover seguire così a stretto contatto un programma trash tanto assurdo.
Pensa al mutuo da pagare… alla figlia adolescente che proprio l’altra sera ha
beccato a fumare… alla moglie malata di uno strano male cronico che nessun medico
è mai riuscito a identificare. Non riesce neppure a sopportare il pivello che
gli ronza accanto e che sembra pendere dalle sue labbra: Charlie si consuma
infatti in un’estenuante ansia da prestazione. È tutto un continuo domandargli:
“Oscar, ma com’è che dobbiamo muoverci? È più accattivante questo primo
piano prolungato o un cambio sequenza rapido? Che ne pensi? Che ne dici, Oscar?
Eh?”.
Peter, l’addetto alle
macchine, è particolarmente nervoso: una telecamera ha dato dei problemi
incomprensibili a poco ore dal debutto. Bestemmia, stramaledice ogni cosa gli
passi a tiro. C’è stato un incredibile trafficare-telefonare-brulicare tra la sala
regia e l’interno della casa, finché tutto non è stato risistemato per il rotto
della cuffia, soltanto verso le 19:30, a un’ora esatta dalla diretta. Un po’
caotico come inizio, che dire…, un brutto presagio davvero.
È venuta anche Ellen stasera:
è l’arredatrice svedese di cui tanto si è parlato, quella che ha predisposto i
mobili della casa. Sosta sull’ingresso, sigaretta alla mano e cellulare sempre
attivo. Continua a farsi prendere da indecisioni e ripensamenti estetici. Alle
18:45 dice a Peter di spostare il divano un metro più indietro, e lui le
risponde che non è affar suo. Così, dopo aver cercato di braccare inutilmente i
vari addetti ai lavori intenti a riparare la telecamera, è entrata in casa lei
stessa, con la sigaretta in bocca, e per spostare il divano ha finito per
danneggiare un mobile e un cartonato. Liam, il responsabile della sicurezza, è stato
costretto a riprenderla, pregandola, perlomeno, di non ciccare dentro la
casa. Ellen esce, rassegnata e anche, a dirla tutta, un po’ incazzata. Torna a
sostare nell’ingresso della sala regia, affacciandosi di tanto in tanto per
controllare dagli schermi la postazione delle poltrone e dei letti, assalita
continuamente da dubbi e nevroticismi di ogni genere.
Alle 19 in punto arriva il
produttore, fa uno svogliato saluto generale e poi destina un in bocca al lupo altrettanto
indolente alla squadra.
È accompagnato da Korinna, la
presentatrice.
Korinna ha ventritré anni e
una capigliatura biondo platino: segue il produttore passo dopo passo, quasi ne
fosse l’ombra, ma è un’ombra in cima a un tacco 15; propone un sorriso
smagliante alla squadra, cercando di sentirsi parte di un gruppo che forse neanche
esiste, se non nella mente di Charlie.
Oscar va a fumarsi l’ennesima
sigaretta, e se la fuma sorbendosi, suo malgrado, lo sfogo patetico di Ellen,
che si lamenta dell’arredamento, assai diverso da quello progettato secondo la
sua tesi laurea…
Alle 20 e 15 sono tutti in
postazione, pronti per il via.
Il primo a entrare nella casa
è un reietto della società, un certo Mike, un detenuto antisociale che vorrebbe
uscire dal carcere per poter vivere qualche mese in libertà con il solo
obiettivo di rientrarci. Lo osservo mentre sceglie il suo letto e mi convinco
sempre più della mia prima ipotesi: è di tipo paranoide. Durerà massimo una
settimana qua dentro…, penso tra me e me.
Qualcuno mi cerca:
«Milek! Dove cazzo è finito
Milek?»
«Ma chi? Lo psicologo?»
«Eccomi! Eccomi, arrivo…»
Devo mettermi in postazione
per il grande inizio, il mio compito in questo puttanaio sarà di parlare con i
ragazzi nel confessionale, se mai ne avranno bisogno.
Ecco, sono le 20:15. Mi
posiziono in una celletta costruita all’interno del container adibito a sala regia, isolato acusticamente e
logisticamente dal resto della troupe.
Osservo attentamente le
dinamiche di gruppo, tanto per cominciare a studiare i personaggi di questo reality che mi accompagnerà… chissà
per quanto tempo.
VALERIA FLORIO. Classe 1981, per metà calabrese e per metà
olandese, scrive da sempre. Psicoterapeuta, scrittrice, madre. Vive a Roma. Tra
le sue pubblicazioni la raccolta di racconti Surreale e possibile (2010)
e il saggio di psicologia Il cambiamento: sull’onda tra crisi e opportunità
(2017).
Recap
- Titolo: Z- Nulla da perdere
- Autrice: Valeria Florio
- Editore: Edizioni Haiku
- Collana: Narrastorie
- Genere: Thriller, Fantascienza, distopico, LGBTQ+
- Pagine: 196
- Prezzo: 12,50 €
- Link: Amazon
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