giovedì 24 ottobre 2019



I  LIBRI SIBILLINI- PARTE V-1



Dopo la pausa estiva, torna il post culturale e torna l’approfondimento sui Libri Sibillini.
In questo appuntamento parleremo dei consulti del II sec a.C., sempre rifacendoci alla tesi di laurea di Laura Fattor, reperibile online.

Il secondo secolo a.C. è il periodo in cui risulta ci fu il maggior numero di consultazioni sibilline, ben 32: per questo divideremo le vicende legate a questo secolo in due parti.

Le fonti delineano un quadro in cui il più delle volte sono
prescritti, dai libri Sibillini, rituali non ‘innovativi’ ma ricorrenti, quasi seriali, raggruppabili sotto determinati modelli predefiniti di piacula
Questi sono perlopiù supplicationes e sacrifici, frequentemente condotti secondo ritus graecus. Spicca, inoltre, il rituale di espiazione degli androgini, per la prima volta nel 207.
E’ importante notare che mentre in generale, ai vari prodigi non
corrispondano determinati rituali fissi, il monstrum dell’androgino fa eccezione. Questo particolare monstrum è presente in tutto il secolo e l’espiazione rituale coinvolge sempre divinità femminili ed in genere prevede la partecipazione di un coro di vergini.
Per quanto riguarda le modalità di funzionamento del collegio decemvirale, le fonti ci attestano come non solo questo si ‘limiti’, come in precedenza, ad interpretare i libri e quindi a suggerire i riti da compiersi, ma indichi anche prassi e modalità di esecuzione dei piacula prescritti. Al collegio sembra spettare anche la parte organizzativa, e per così dire contingente, dell’esecuzione dei remedia. In questo fatto possiamo vedere un incremento
dei compiti e, forse, del prestigio del collegio. Questo ‘ruolo attivo’ dei decemviri, riscontrabile per il secondo secolo, può essere letto come lo sviluppo di un processo iniziato già nell’ultimo quarto del terzo secolo a.C.;
nelle celebrazione dei ludi Apollinares, introdotti nel 213 a.C., i decemviri curavano l’esecuzione del sacrificio con rito greco ed erano, perciò, parte attiva delle celebrazioni.

 Dei Ludi Apollinares  del 213 a.C. si parla nel mio racconto “I Libri fatali”, contenuto in "Oracoli" , come già ricordato nel precedente articolo di luglio scorso.

Altra caratteristica degna di nota è che talvolta gli
aruspici venivano interpellati assieme ai decemviri; ciò avvenne almeno in due episodi, nel 191 a.C. e nel 172 a.C.
Un altro dato rilevante per la storia delle consultazioni sibilline, è che nel periodo in esame sono riportati, in alcuni casi, i testi degli stessi oracoli sibillini, citati dai libri: ciò avviene per il 189 a.C. e per il 144 a.C. In tali occasioni gli oracoli vennero resi pubblici, in quanto ciò poteva essere funzionale a scopi politici.

La prima consultazione è del 200 a.C. 
Livio dà un accurato elenco di prodigia e monstra per questo anno.
I fenomeni riguardano esclusivamente popolazioni di stirpe
italica (Sabini, Lucani e Latini). E’ notevole il numero di monstra che, come Livio sottolinea, sono signa di uno stato di caos. Segno per eccellenza di disordine rimane il caos sessuale. Infatti, di tutti questi ‘fenomeni’, l’agnello con la testa di maiale, il maiale con la testa d’uomo e il puledro a cinque zampe, sono proprio gli androgini ad essere considerati i più pericolosi. Per la
loro espiazione, i decemviri dispongono nuovamente il rito già eseguito nel 207 a.C.

 Per il 196 a.C. le notizie riguardano una ‘crisi tellurica’ rappresentata dalla frequenza di terremoti.
Non sono nominate località specifiche per il verificarsi dei terremoti; si puòsupporre che essi avvennero in territori vicini a Roma.
Questa è l’unica notizia, per tutto il secolo, di ricorso ai libri Sibillini per l’espiazione di terremoti; i Libri entrano in gioco in una situazione già compromessa dalla presenza di numerosi prodigia.
Le supplicationes si presentano come piacula ricorrenti durante tutto il secolo.
La supplica viene presentata come un grande rito coinvolgente i singoli, suddivisi in base alle famiglie di appartenenza, in quello che si può definire un grande rito collettivo incentrato sulla coesione di queste ultime.

Pel 193 a.C., Livio registra numerosi prodigi per cui si rende necessaria una consultazione dei Sibillini. I prodigia riguardano essenzialmente sconvolgimenti di tipi meteorologico o comportamenti ritenuti straordinari di animali, come l’ingens examen vesparum che si insedia nel tempo di Mars nel
foro. Osserviamo subito che prodigia in questione riguardano l’Urbs e città vicine.
Sia Ariccia che Lanuvio erano due importanti centri religiosi latini, entrambi situate sui monti Albani. Ad Ariccia si trovava il celebre santuario di Diana Nemorense, famoso per il suo particolarissimo rituale di successione alla carica di sacerdote-re . Lanuvio, come abbiamo visto, era sede del celebre tempio di Iuno Sospita-Regina.
Tuttavia i piacula non sono collegati con queste divinità.
 Invece il prodigium Capua, riguardante Marte potrebbe essere messo in rapporto con la lustrazione. La lustratio conditum, la grande purificazione dell’Urbs, eseguita
dai censori, che si teneva ogni cinque anni, era infatti dedicata a Mars. Qui però, effettivamente, non viene compiuto questo tipo particolare di rito, ma una lustratio circoscritta ai prodigia dell’anno. Per quanto riguarda il novendiale, ricordiamo che esso è uno dei pochi riti espiatori corrispondenti ad un preciso prodigium – quello delle piogge di pietre.

Per il 191 a.C. Livio descrive numerosi prodigi.
La passeggiata dei bovi sul tetto di un edificio è certamente il prodigio più spettacolare e insolito e viene espiato immediatamente dagli aruspici che ordinano di bruciare vivi gli animali e disperderne le ceneri nel Tevere.
Le piogge di pietre e le fulminazioni invece hanno come risposta
l’introduzione dell’importante rito dello Ieiunium Cereri.
I fulmini colpiscono il tempio di Giove e le botteghe attorno al foro a Minturno e due navi presso la foce del fiume Volturno.
Tali prodigia indicano forse una crisi nella sfera del commercio: Minturno era un importante centro commerciale e le navi sul fiume Volturno potevano essere destinate al trasporto di derrate alimentari. Il rituale per Ceres potrebbe quindi risultare un intervento per scongiurare un eventuale problema
di penuria alimentare.

Nel 190 a.C., il fulmini caddero a Roma sul tempio di Iuno Lucina, a Pozzuoli sulle mura, a Norcia sulla città, con uccisione di due uomini, altri prodigi occorsero a Tuscolo e a Rieti.
Il particolare prodigium registrato per Roma colpisce la sfera di Iuno Lucina, la dea che presiedeva alle nascite: la crisi, dunque, può essere interpretata come riguardante, un’altra volta, la continuità della generazione umana.
Difficile da interpretare è il monstrum della mula partoriente di Rieti, animale notoriamente sterile. Il prodigio sembra segnalare un disturbo nella generazione e richiede una ‘super-garanzia’.

Per il 189 a.C. Livio registra una consultazione particolare dei libri Sibillini, i quali anziché proporre una soluzione rituale, offrono un enunciato oracolare che esprime un preciso divieto. Questo responso probabilmente si collegava a profezie orientali liberamente circolanti.
Nello specifico, secondo Livio, il console Manlio Vulsone che, dopo la sconfitta di Antioco III, re di Siria, era stato incaricato di prendere possesso del territorio d’Asia Minore, al suo ritorno a Roma, nell’anno 189 a.c, era stato accusato di aver tentato l’attraversamento del Tauro, rischiando così la
disastrosa sconfitta predetta da un ‘carmen’ sibillino.
il confine del Tauro era investito di significati ‘sacrali’; l’oracolo stesso presenta il divieto di superare i termini del Tauro,
inteso come un limite stabilito dal fato.

L’anno 188 a.C., anno che doveva segnalare con la pace di Apamea la fine delle ostilità tra Antioco e Roma, è segnato da una particolare effervescenza di eventi prodigiosi che riguardano l’Urbs. Il segno prodigiale è un’eclissi, seguito da una piogge di pietre. Il piaculum ordinato dai decemviri è di nuovo una supplicatio, questa volta però da tenersi presso i crocevia, i compita; così erano chiamati i punti di incontro dei vici, le strade principali che davano i nomi ai rioni.
I compita erano caratterizzati da piccoli santuari dedicati ai Lares viales: attorno a questi sacrari si radunavano una volta all’anno gli abitanti dei rioni per celebrare i Compitalia, i festeggiamenti dedicati a questi Lari protettori.
Nell’esecuzione di queste feste avevano, un grosso ruolo i collegia compitalicia, associazioni cultuali fortemente condizionate dagli elementi più bassi della popolazione .
Nel 187 a.C., la situazione si aggrava per lo scoppio di una pestilenza a Roma.

Il 186 a.C., è l’anno del famoso senatus consultum bacchannalibus - un provvedimento eccezionale che mirava a disinnescare la diffusione di una religio ritenuta profondamente destabilizzante. Ma l’affare dei baccanali,
episodio di massima importanza per la sociologia storica, non sembra
 comunque essere evidenziato in modo particolare per quanto riguarda i prodigia.
Livio segnala per l’anno in questione numerosi prodigia di caos atmosferico; la solita pioggia di lapides ma anche ‘ignes celestes’ non meglio identificabili,
che sfiorano e infiammano le vesti di molte persone. Si aggiunge la scoperta di un semimas, un ermafrodito dodicenne.

Dobbiamo passare all’anno 183 a.C., per un’esplosione di prodigia ed interventi di espiazione. Livio riporta il prodigio sconvolgente di una pioggia di sangue, che cade sulla zona del tempio di Vulcanus e nell’area adiacente al tempio di Concordia. Si aggiunge, il fenomeno vulcanico riguardante l’emersione di un’isola dinnanzi alla Sicilia.
Per area di Vulcano‚ ‘area Volcani’ si deve intendere il Vulcanal, zona situata nel Comizio, antichissimo luogo di culto del dio Vulcano, dio-fuoco, identificato con il greco Efesto.
L’ area Concordiae era la zona in cui sorgeva il tempio della dea, importante personificazione del ‘pantheon’ romano, a cui erano dedicati due santuari, uno nel Foro e uno sopra il Campidoglio.
La dea Concordia, è una ‘divinità civica’, garante della pax civilis fra patrizi e plebei, ‘pax’conquistata dopo le dure lotte condotte da questi ultimi per avere maggiore partecipazione al governo della res pubblica. Il prodigium può essere interpretato facilmente in chiave politica. A questo proposito, possiamo
ricordare che Vulcanus, è anche divinità legata alla dimensione regale, come padre di Caeculus, il mitico primo re di Preneste e di Servio Tullio; inoltre secondo una notizia di Pisone è marito di Maiestas personificazione della qualità regale. Ricordiamo che l’accusa di aspirare alla monarchia è una
costante della storia romana. Anche l’ emergenza di una nuova isola al largo della Sicilia, potrebbe essere collegata, alla sfera di Vulcano. La Sicilia era infatti la patria del dio, il quale secondo Virgilio aveva la sua dimora nell’isoletta chiamata appunto Vulcania.

L’area Vulcani et Concordiae è nuovamente coinvolta nel 181 a.C., in concomitanza di una pestilenza e della lacrimatio del simulacro della Iuno Sospita a Lanuvio.
Assistiamo ad una ripetizione identica del prodigio del 183 a.C.
Livio descrive l’apertio dei libri Sibillini come una delle iniziative prese dal senato, assieme all’ordine dato ai consoli di procedere al sacrificio di venti vittime maggiori.
Si provvede inoltre ad indire una supplicatio di tre giorni, coinvolgente l’intera Italia romana. La grandiosità dell’espiatio è richiesta dalla grave pestilenza, diffusa in agris forisque et
conciliabilis.
Ci troviamo di fronte ad una innovazione del rituale, in quanto,
per la prima volta, l’espiazione di un fenomeno occorso in luogo diverso da Roma non viene attuata nell’Urbs, ma nel luogo in cui si verifica la crisi.
Sicuramente, inoltre, l’ordine di una supplicatio per totam Italiam servì anche a rafforzare e a veicolare l’idea stessa di Italia nel suo insieme.

L’anno 180 a. C. è segnato dalla continuazione della pestilenza, che miete molte vittime, fra cui anche un propretore ed un console. La situazione induce il senato ad ordinare al Pontifex Maximus, C. Servilius, di cercare mezzi espiatori, al console di votare doni -dona vovere- e statue dorate ad Apollon,
Aesculapius e Salus e ai decemviri di esaminare i libri Sibillini - libros espicere.
I decemviri dispongono una supplicatio per la salute - valetudo - di Roma, da tenersi in tutti i fori e mercati.

L’anno 179 a.C., in concomitanza con un inverno particolarmente rigido, prodigia meterologici avvengono a Roma, a Terracina ed ad Alba, città del Lazio e a Capua, in Campania; inoltre una tempesta si abbatte sul monte
Albano durante la celebrazione delle Ferie Latine. Nell’anno si presenta inoltre la comparsa di un prodigio indicatore di caos ‘fisiologico’, la nascita di un mulo con tre zampe a Rieti. Per questi prodigia i decemviri consultano i
libri per ottenere le informazioni quibus dii et quot hostis sacrificaretur, per sapere a quali dei e con quali vittime sacrificare.
I prodigia sembrerebbero indicare, con il coinvolgimento del Campidoglio e di Terracina – dove sorgeva il santuario di Iuppiter Anxur - e la tempesta che interrompe le Ferie Latine, dedicate al dio.  Il rito espiatorio deciso dai libri furono una supplicatio.

Nel 174 a.C., il senato decretò una consultazione dei libri Sibillini per allontanare una pestilenza, già iniziata l’anno precedente.
Nello stesso anno è inoltre segnalata la presenza di diversi prodigia: la nascita di un bambino con due teste, con
una mano sola, una bambina con i denti, un arcobaleno a ciel sereno, tre soli in cielo, un bue parlante, tutti segni di sovvertimento totale del cosmo che abbiamo incontrato più volte.


Il 173 a. C, è l’anno precedente all’inizio della terza guerra Macedonica, (172 a.C.-178 a.C.), condotta contro Perseo, figlio di Filippo IV, che negli anni immediatamente precedenti aveva pericolosamente incrementato il suo
potere. Nell’attesa della guerra, i libri Fatales vengono preventivamente interrogati, per espiare alcunii prodigia. I libri in particolare sono esaminati per sapere a quali dèi rivolgere le precationes. Tra i prodigia, l’apparizione in cielo
di una classis magnae specis, una grande flotta, mentre nell’ agrum gallicum, l’aratro mette alla luce, sotto le zolle, dei pesci.


Nell’anno 172 a.C. si verificò, secondo Livio, un singolare prodigio. Una colonna rostrata, ricordo della vittoria del console Marco Emilio su Cartagine durante la prima guerra Punica, venne abbattuta da un fulmine. Per espiare il
prodigio si ricorse sia al collegio decemvirale che agli aruspici.
L’episodio in esame è un buon esempio della doppia azione di aruspici e decemviri nel ‘trattamento’ dei prodigi, già presente nelle espiazione degli androgini; questa ‘doppia azione’ si intensificherà nel primo secolo a.C. con un importante aumento dell’attività degli aruspici. Osserviamo comunque che
non si tratta di un’inferenza di quest’ultimi nei compiti tradizionali del collegio decemvirale romano. I due corpi infatti hanno precise e distinte funzioni: i decemviri si occupano, come al solito di proporre rituali espiatori, mentre gli aruspici offrono l’interpretazione del prodigio. Potremmo inferire, da questo
episodio, non solo una indipendenza dei due ordini ma anche una non collaborazione, una indifferenza degli uni verso gli altri; e’ interessante notare che il prodigio, interpretato come favorevole a Roma e all’espansione del suo dominio dagli aruspici, sia comunque trattato come un dirum prodigium dai decemviri, i quali si occupano appunto di prescrivere rituali che possono
essere considerati come ‘straordinari’, indetti a sottolineare la gravità del fenomeno occorso. In quest’ottica venne probabilmetne visto l’ordine di indire
ludi di dieci giorni in onore di Iuppiter Optimum Maximus, dio supremo, garante dell’ imperium romano, il cui tempio sul Campidoglio era il simbolo stesso dello stato, della res publica, la cui nascita era stata segnata dall’erezione del tempio e dalla sostituzione della triade pre-Capitolina,
formata da Iuppiter-Mars-Quirino con la triade Iuppiter-Iuno-Minerva. 
I ludidunque, dovevano scongiurare, nella fattispecie, possibili pericoli inerenti alla solidità dello stato e dell’egemonia romana. Per quanto riguarda i sacrifici rivolti a Minerva, essi certamente erano indirizzati allo stesso scopo, in quanto
Minerva era divinità costituente la triade capitolina. Osserviamo che i riti dovevano svolgersi in Capitolio, ma anche ‘in Campania ad Minervae
promontorium’, cioè a Punta Campanella, presso Sorrento, in territorio greco, e dunque rivolti alla Minerva locale; le suppliche erano dunque indirizzate a propiziarsi la divinità del nemico, in un momento cui Roma si preparava alla
guerra contro Perseo.

L’anno 169 a.C vede Roma ancora impegnata nel settore orientale (la terza guerra Macedonica si concluderà l’anno dopo, nel 168 a.C., con la battaglia di Pidna).
Livio annota molti prodigia, accaduti in diverse località:
I prodigia, coinvolgono tutti la dea Fortuna e due dei suoi tanti templi sparsi nella città, in particolare quello della Fortuna Primigenia in colle (il Quirinale), detto anche della Fortuna Publica. Il tempio, dedicato nel 194 a.C.,
stabiliva, con una scelta significante, l’inserimento al centro della città del culto della Fortuna Primigenia, che, come abbiamo visto, già aveva un culto a Preneste. Quello della dea era considerato il culto-margine per eccellenza, in quanto Fortuna Primigenia, rappresentativa del caos pre-cosmico, primordiale, si voleva contrapposta a Iuppiter, e alla sua sfera cosmica attuale.
Dai libri Sibillini è ancora una volta proposto un remedium coinvolgente l’intera popolazione, in un rituale collettivo. Significativo il fatto che a celebrare i sacrifici venissero chiamati “tutti” i magistrati, e che per espiare una crisi
nella sfera di Fortuna fosse indicato di fare supplicationes in “tutti” i templi delle altre divinità: i prodigi riguardano la dea Fortuna, ma sembrano richiedere un coinvolgimento di tutti gli déi.

Per conoscere le prossime consultazioni, ci aggiorniamo al mese prossimo!
Ave!

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