I LIBRI SIBILLINI- PARTE V-1
Dopo
la pausa estiva, torna il post culturale e torna l’approfondimento sui Libri
Sibillini.
In
questo appuntamento parleremo dei consulti del II sec a.C., sempre rifacendoci
alla tesi di laurea di Laura Fattor, reperibile online.
Il secondo secolo a.C.
è il periodo in cui risulta ci fu il maggior numero di consultazioni
sibilline, ben 32: per questo divideremo le vicende legate a questo secolo in
due parti.
Le fonti delineano un
quadro in cui il più delle volte sono
prescritti, dai libri
Sibillini, rituali non ‘innovativi’ ma ricorrenti, quasi seriali, raggruppabili sotto
determinati modelli predefiniti di piacula.
Questi sono perlopiù supplicationes e
sacrifici, frequentemente condotti secondo ritus graecus. Spicca, inoltre, il
rituale di espiazione degli androgini, per la prima volta nel 207.
E’ importante notare
che mentre in generale, ai vari prodigi non
corrispondano
determinati rituali fissi, il monstrum dell’androgino fa eccezione. Questo particolare monstrum è
presente in tutto il secolo e l’espiazione rituale
coinvolge sempre
divinità femminili ed in genere prevede la partecipazione di
un coro di vergini.
Per quanto riguarda le
modalità di funzionamento del collegio decemvirale, le fonti ci attestano
come non solo questo si ‘limiti’, come in precedenza, ad interpretare i libri e
quindi a suggerire i riti da compiersi, ma indichi anche prassi e modalità di
esecuzione dei piacula
prescritti. Al collegio sembra spettare anche la
parte organizzativa, e per così dire contingente, dell’esecuzione dei remedia. In questo fatto
possiamo vedere un incremento
dei compiti e, forse,
del prestigio del collegio. Questo ‘ruolo attivo’ dei decemviri,
riscontrabile per il secondo secolo, può essere letto come lo sviluppo di un
processo iniziato già nell’ultimo quarto del terzo secolo a.C.;
nelle celebrazione dei
ludi Apollinares, introdotti
nel 213 a.C., i decemviri curavano l’esecuzione
del sacrificio con rito greco ed erano, perciò, parte attiva delle celebrazioni.
Dei Ludi
Apollinares del 213 a.C. si parla nel
mio racconto “I Libri fatali”, contenuto in "Oracoli" , come già ricordato nel
precedente articolo di luglio scorso.
Altra caratteristica degna di nota è che talvolta
gli
aruspici venivano
interpellati assieme ai decemviri; ciò avvenne almeno in due episodi, nel 191
a.C. e nel 172 a.C.
Un altro dato
rilevante per la storia delle consultazioni sibilline, è che nel periodo in esame sono
riportati, in alcuni casi, i testi degli stessi oracoli sibillini, citati dai
libri: ciò avviene per il 189 a.C. e per il 144 a.C. In tali occasioni gli oracoli
vennero resi pubblici, in quanto ciò poteva essere funzionale a scopi
politici.
La prima consultazione
è del 200 a.C.
Livio dà un accurato elenco di prodigia e monstra per questo anno.
I fenomeni riguardano
esclusivamente popolazioni di stirpe
italica (Sabini,
Lucani e Latini). E’ notevole il numero di monstra che, come Livio sottolinea, sono
signa di
uno stato di caos. Segno per eccellenza di disordine rimane il
caos sessuale. Infatti, di tutti questi ‘fenomeni’, l’agnello con la testa di maiale, il maiale con la testa
d’uomo e il puledro a cinque zampe, sono proprio
gli androgini ad essere considerati i più pericolosi. Per la
loro espiazione, i
decemviri dispongono nuovamente il rito già eseguito nel 207 a.C.
Non sono nominate
località specifiche per il verificarsi dei terremoti; si puòsupporre che essi
avvennero in territori vicini a Roma.
Questa è l’unica
notizia, per tutto il secolo, di ricorso ai libri Sibillini per l’espiazione di
terremoti; i Libri entrano in gioco in una situazione già compromessa dalla
presenza di numerosi prodigia.
Le supplicationes si
presentano come piacula
ricorrenti durante tutto il secolo.
La supplica viene
presentata come un grande rito coinvolgente i singoli, suddivisi in base alle
famiglie di appartenenza, in quello che si può definire un grande rito collettivo
incentrato sulla coesione di queste ultime.
Pel 193 a.C., Livio
registra numerosi prodigi per cui si rende necessaria una consultazione dei
Sibillini. I prodigia
riguardano essenzialmente sconvolgimenti di tipi
meteorologico o comportamenti ritenuti straordinari di animali, come l’ingens examen vesparum che
si insedia nel tempo di Mars
nel
foro. Osserviamo
subito che prodigia
in questione riguardano l’Urbs e città vicine.
Sia Ariccia che Lanuvio erano due importanti
centri religiosi latini, entrambi situate sui monti
Albani. Ad Ariccia si trovava il celebre santuario di Diana Nemorense, famoso per
il suo particolarissimo rituale di successione alla carica di sacerdote-re
. Lanuvio, come abbiamo visto, era sede del celebre tempio di Iuno Sospita-Regina.
Tuttavia i piacula non sono collegati con
queste divinità.
Invece il prodigium
d Capua, riguardante
Marte potrebbe essere messo in rapporto con la lustrazione. La lustratio conditum, la
grande purificazione dell’Urbs,
eseguita
dai censori, che si teneva ogni cinque
anni, era infatti dedicata a Mars. Qui però, effettivamente,
non viene compiuto questo tipo particolare di rito, ma una lustratio circoscritta
ai prodigia dell’anno. Per
quanto riguarda il novendiale, ricordiamo che esso è uno dei pochi riti espiatori corrispondenti ad un
preciso prodigium –
quello delle piogge di pietre.
Per il 191 a.C. Livio descrive numerosi prodigi.
La passeggiata dei
bovi sul tetto di un edificio è certamente il prodigio più spettacolare e
insolito e viene espiato immediatamente dagli aruspici che ordinano di bruciare
vivi gli animali e disperderne le ceneri nel Tevere.
Le piogge di pietre e
le fulminazioni invece hanno come risposta
l’introduzione
dell’importante rito dello Ieiunium
Cereri.
I fulmini colpiscono
il tempio di Giove e le botteghe attorno al foro a Minturno e due navi presso la
foce del fiume Volturno.
Tali prodigia indicano
forse una crisi nella sfera del commercio: Minturno era un importante centro
commerciale e le navi sul fiume Volturno potevano essere destinate al
trasporto di derrate alimentari. Il rituale per Ceres potrebbe quindi risultare un intervento per
scongiurare un eventuale problema
di penuria alimentare.
Nel 190 a.C., il
fulmini caddero a Roma sul tempio di Iuno Lucina, a Pozzuoli sulle mura, a Norcia
sulla città, con uccisione di due uomini, altri prodigi occorsero a Tuscolo e
a Rieti.
Il particolare prodigium registrato
per Roma colpisce la sfera di Iuno Lucina, la dea che presiedeva
alle nascite: la crisi, dunque, può essere interpretata come riguardante,
un’altra volta, la continuità della generazione umana.
Difficile da
interpretare è il monstrum
della mula partoriente di Rieti, animale notoriamente sterile.
Il prodigio sembra segnalare un disturbo nella
generazione e richiede una ‘super-garanzia’.
Per il 189 a.C. Livio
registra una consultazione particolare dei libri Sibillini, i quali anziché proporre
una soluzione rituale, offrono un enunciato oracolare che esprime un preciso
divieto. Questo responso probabilmente si collegava a profezie orientali
liberamente circolanti.
Nello specifico,
secondo Livio, il console Manlio Vulsone che, dopo la sconfitta di Antioco
III, re di Siria, era stato incaricato di prendere possesso del territorio d’Asia
Minore, al suo ritorno a Roma, nell’anno 189 a.c, era stato accusato di aver
tentato l’attraversamento del Tauro, rischiando così la
disastrosa sconfitta
predetta da un ‘carmen’
sibillino.
il confine del Tauro
era investito di significati ‘sacrali’; l’oracolo
stesso presenta il divieto di superare i termini del Tauro,
inteso come un limite
stabilito dal fato.
L’anno 188 a.C., anno
che doveva segnalare con la pace di Apamea la fine delle ostilità tra
Antioco e Roma, è segnato da una particolare effervescenza di eventi prodigiosi
che riguardano l’Urbs. Il
segno prodigiale è un’eclissi, seguito da una piogge
di pietre. Il piaculum ordinato
dai decemviri è di nuovo una supplicatio, questa volta però da tenersi presso
i crocevia, i compita;
così erano chiamati i punti di incontro dei vici, le strade principali
che davano i nomi ai rioni.
I compita erano caratterizzati
da piccoli santuari dedicati ai Lares viales: attorno a questi
sacrari si radunavano una volta all’anno gli abitanti dei rioni per celebrare i Compitalia, i
festeggiamenti dedicati a questi Lari protettori.
Nell’esecuzione di
queste feste avevano, un grosso ruolo i collegia compitalicia,
associazioni cultuali fortemente condizionate dagli elementi più bassi della popolazione
.
Nel 187 a.C., la
situazione si aggrava per lo scoppio di una pestilenza a Roma.
Il 186 a.C., è l’anno
del famoso senatus
consultum bacchannalibus - un provvedimento
eccezionale che mirava a disinnescare la diffusione di una religio ritenuta profondamente
destabilizzante. Ma l’affare dei baccanali,
episodio di massima
importanza per la sociologia storica, non sembra
comunque essere
evidenziato in modo particolare per quanto riguarda i prodigia.
Livio segnala per
l’anno in questione numerosi prodigia di caos atmosferico; la solita pioggia di lapides ma anche ‘ignes celestes’ non
meglio identificabili,
che sfiorano e
infiammano le vesti di molte persone. Si aggiunge la scoperta di
un semimas, un
ermafrodito dodicenne.
Dobbiamo passare all’anno
183 a.C., per un’esplosione di prodigia ed interventi di
espiazione. Livio riporta il prodigio sconvolgente di una pioggia di sangue, che cade sulla
zona del tempio di Vulcanus
e nell’area adiacente al tempio di Concordia. Si
aggiunge, il fenomeno vulcanico riguardante l’emersione di un’isola
dinnanzi alla Sicilia.
Per area di Vulcano‚ ‘area Volcani’ si
deve intendere il Vulcanal,
zona situata nel Comizio,
antichissimo luogo di culto del dio Vulcano, dio-fuoco, identificato con il
greco Efesto.
L’ area Concordiae era
la zona in cui sorgeva il tempio della dea, importante personificazione del ‘pantheon’ romano,
a cui erano dedicati due santuari, uno nel Foro e uno
sopra il Campidoglio.
La dea Concordia, è
una ‘divinità civica’, garante della pax civilis fra patrizi e plebei, ‘pax’conquistata dopo le
dure lotte condotte da questi ultimi per avere maggiore
partecipazione al governo della res pubblica. Il prodigium può essere interpretato
facilmente in chiave politica. A questo proposito, possiamo
ricordare che Vulcanus, è anche divinità
legata alla dimensione regale, come padre di Caeculus, il mitico primo re
di Preneste e di Servio Tullio; inoltre secondo una notizia di
Pisone è marito di Maiestas
personificazione della qualità regale. Ricordiamo
che l’accusa di aspirare alla monarchia è una
costante della storia
romana. Anche l’ emergenza di una nuova isola al largo della Sicilia,
potrebbe essere collegata, alla sfera di Vulcano. La Sicilia era infatti la patria del
dio, il quale secondo Virgilio aveva la sua dimora nell’isoletta chiamata
appunto Vulcania.
L’area Vulcani et Concordiae è
nuovamente coinvolta nel 181 a.C., in concomitanza di una
pestilenza e della lacrimatio
del simulacro
della Iuno Sospita a Lanuvio.
Assistiamo ad una
ripetizione identica del prodigio del 183 a.C.
Livio descrive l’apertio dei libri Sibillini come
una delle iniziative prese dal senato, assieme all’ordine dato ai consoli di
procedere al sacrificio di venti vittime maggiori.
Si provvede inoltre ad
indire una supplicatio
di tre giorni, coinvolgente l’intera Italia romana. La grandiosità dell’espiatio è
richiesta dalla grave pestilenza, diffusa in agris forisque et
conciliabilis.
Ci troviamo di fronte
ad una innovazione del rituale, in quanto,
per la prima volta, l’espiazione
di un fenomeno occorso in luogo diverso da Roma non viene attuata
nell’Urbs, ma
nel luogo in cui si verifica la crisi.
Sicuramente, inoltre,
l’ordine di una supplicatio
per totam Italiam servì anche a rafforzare e a
veicolare l’idea stessa di Italia nel suo insieme.
L’anno 180 a. C. è
segnato dalla continuazione della pestilenza, che miete molte vittime, fra cui
anche un propretore ed un console. La situazione induce il senato ad ordinare
al Pontifex Maximus, C.
Servilius, di cercare mezzi espiatori, al console
di votare doni -dona
vovere- e statue dorate ad Apollon,
Aesculapius e Salus e ai decemviri di
esaminare i libri Sibillini - libros espicere.
I decemviri dispongono
una supplicatio per
la salute - valetudo
- di Roma, da tenersi in tutti i fori
e mercati.
L’anno 179 a.C., in
concomitanza con un inverno particolarmente rigido, prodigia meterologici
avvengono a Roma, a Terracina ed ad Alba, città del Lazio e a Capua, in
Campania; inoltre una tempesta si abbatte sul monte
Albano durante la
celebrazione delle Ferie Latine. Nell’anno si presenta inoltre la comparsa di
un prodigio indicatore di caos ‘fisiologico’, la nascita di un mulo con tre zampe
a Rieti. Per questi prodigia
i decemviri consultano i
libri per ottenere le
informazioni quibus
dii et quot hostis sacrificaretur, per sapere a quali dei e
con quali vittime sacrificare.
I prodigia sembrerebbero
indicare, con il coinvolgimento del Campidoglio e di Terracina – dove
sorgeva il santuario di Iuppiter
Anxur - e la tempesta che interrompe le Ferie
Latine, dedicate al dio. Il
rito espiatorio deciso dai
libri furono una supplicatio.
Nel 174 a.C., il
senato decretò una consultazione dei libri Sibillini per allontanare una
pestilenza, già iniziata l’anno precedente.
Nello stesso anno è
inoltre segnalata la presenza di diversi
prodigia: la
nascita di un bambino con due teste, con
una mano sola, una
bambina con i denti, un arcobaleno a ciel sereno, tre soli in cielo, un bue
parlante, tutti segni di sovvertimento totale del cosmo che abbiamo incontrato più
volte.
Il 173 a. C, è l’anno
precedente all’inizio della terza guerra Macedonica, (172 a.C.-178 a.C.),
condotta contro Perseo, figlio di Filippo IV, che negli anni immediatamente
precedenti aveva pericolosamente incrementato il suo
potere. Nell’attesa
della guerra, i libri
Fatales vengono preventivamente interrogati, per
espiare alcunii prodigia.
I libri in particolare sono esaminati per sapere a quali dèi
rivolgere le precationes. Tra
i prodigia,
l’apparizione in cielo
di una classis magnae specis, una
grande flotta, mentre nell’ agrum
gallicum, l’aratro mette alla
luce, sotto le zolle, dei pesci.
Nell’anno 172 a.C. si
verificò, secondo Livio, un singolare prodigio. Una colonna rostrata,
ricordo della vittoria del console Marco Emilio su Cartagine durante la prima
guerra Punica, venne abbattuta da un fulmine. Per espiare il
prodigio si ricorse
sia al collegio decemvirale che agli aruspici.
L’episodio in esame è
un buon esempio della doppia azione di aruspici e decemviri nel
‘trattamento’ dei prodigi, già presente nelle espiazione degli androgini; questa
‘doppia azione’ si intensificherà nel primo secolo a.C. con un importante aumento
dell’attività degli aruspici. Osserviamo comunque che
non si tratta di
un’inferenza di quest’ultimi nei compiti tradizionali del collegio decemvirale romano. I
due corpi infatti hanno precise e distinte funzioni: i decemviri si occupano,
come al solito di proporre rituali espiatori, mentre gli aruspici offrono
l’interpretazione del prodigio. Potremmo inferire, da questo
episodio, non solo una
indipendenza dei due ordini ma anche una non collaborazione, una
indifferenza degli uni verso gli altri; e’ interessante notare che il prodigio,
interpretato come favorevole a Roma e all’espansione del suo dominio dagli
aruspici, sia comunque trattato come un dirum prodigium dai decemviri, i quali si
occupano appunto di prescrivere rituali che possono
essere considerati
come ‘straordinari’, indetti a sottolineare la gravità del fenomeno occorso. In
quest’ottica venne probabilmetne visto l’ordine di indire
ludi di dieci giorni
in onore di Iuppiter
Optimum Maximus, dio supremo, garante dell’ imperium romano,
il cui tempio sul Campidoglio era il simbolo stesso dello stato,
della res publica, la
cui nascita era stata segnata dall’erezione del
tempio e dalla sostituzione della triade pre-Capitolina,
formata da Iuppiter-Mars-Quirino con
la triade Iuppiter-Iuno-Minerva.
I ludi, dunque, dovevano
scongiurare, nella fattispecie, possibili pericoli inerenti alla solidità dello stato e
dell’egemonia romana. Per quanto riguarda i sacrifici rivolti a Minerva, essi
certamente erano indirizzati allo stesso scopo, in quanto
Minerva era divinità
costituente la triade capitolina. Osserviamo
che i riti dovevano svolgersi in Capitolio, ma
anche ‘in Campania ad Minervae
promontorium’,
cioè a Punta Campanella, presso Sorrento, in territorio greco, e dunque rivolti alla Minerva locale; le suppliche
erano dunque indirizzate a propiziarsi la
divinità del nemico, in un momento cui Roma si preparava alla
guerra contro Perseo.
L’anno 169 a.C vede
Roma ancora impegnata nel settore orientale (la terza guerra Macedonica si
concluderà l’anno dopo, nel 168 a.C., con la battaglia di Pidna).
Livio annota molti prodigia, accaduti
in diverse località:
I prodigia, coinvolgono tutti la
dea Fortuna e due
dei suoi tanti templi sparsi nella città, in
particolare quello della Fortuna Primigenia in colle (il Quirinale), detto anche della Fortuna Publica. Il
tempio, dedicato nel 194 a.C.,
stabiliva, con una
scelta significante, l’inserimento al centro della città del culto della Fortuna Primigenia,
che, come abbiamo visto, già aveva un culto a Preneste. Quello della
dea era considerato il culto-margine per eccellenza, in quanto Fortuna
Primigenia, rappresentativa del caos pre-cosmico, primordiale, si voleva
contrapposta a Iuppiter, e
alla sua sfera cosmica attuale.
Dai libri Sibillini è
ancora una volta proposto un remedium coinvolgente l’intera popolazione,
in un rituale collettivo. Significativo il fatto che a celebrare i sacrifici venissero
chiamati “tutti” i magistrati, e che per espiare una crisi
nella sfera di Fortuna
fosse indicato di fare supplicationes
in “tutti” i templi delle altre divinità:
i prodigi riguardano la dea Fortuna, ma sembrano richiedere un
coinvolgimento di tutti gli déi.
Per conoscere le
prossime consultazioni, ci aggiorniamo al mese prossimo!
Ave!
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