Recensione
amime- Kyashan sins
Il
reboot della nota serie anni ’70 Kyashan prende il largo e approda
alla sci-fi filosofica
Kyashan
sins non c’entra assolutamente nulla
con la serie originale.
Durante
tutta la durata della visione ho pensato al motivo per cui avessero utilizzato
il personaggio di punta della Tatsunoko per narrarci questa storia e non ne
abbiano creati ex-novo; mi sa tanto di utilizzo del franchise al solo scopo di
attrarre spettatori per un’ opera che sin dalle prima
puntate si mostra complessa e lentissima.
Il
nostro Kyashan, disegnato come Saint Seiya (ma per me ci sta bene), si aggira
in un mondo post apocalittico in cui gli uomini sono stati quasi tutti
sterminati dai robot, e questi ultimi stanno andando in rovina a causa del
deterioramento, la vera parola chiave della serie.
Kyashan
ha perso la memoria; apprende nel corso delle puntate che il deterioramento
sarebbe colpa sua, perche’ avrebbe ucciso ‘il sole chiamato Luna’, colei che restituiva la vita ai
robots in disfacimento.
Kyashan
sins si puo’ dividere in due parti,
una incentrata sul viaggio dell’eroe e una sulla soluzione
(piu’ o meno) dei conflitti con conclusione
della vicenda.
La
prima parte della serie dunque si svolge in modo abbastanza ripetitivo. Il Nostro
incontra numerosi altri personaggi, con cui combatte o si allea (come Lyuze, la
piccola Ringo e anche il cane Flender) e scopre tasselli di verita’ (o non-verita’…), venendo anche in contatto con le
emozioni umane che i vari personaggi rappresentano.
Un
forte simbolismo permea tutta la serie. Il tema dominante e’ la morte e la paura della stessa.
Dopo
questa prima parte, che ho trovato ripetitiva e lenta, si inizia nella seconda
parte a capire qualcosa del passato, del presente e infine del futuro, con l’ingresso di altri importanti personaggi
e qualche colpo di scena, a dire il vero prevedibile. Ma non si capisce proprio
tutto… in puro stile giapponese, quando pensi
di aver compreso una cosa nella puntata successiva dicono o fanno il contrario
di quel che si era visto.
Ecco,
posso definire questa opera veramente molto, molto giapponese, in tutti i
sensi. Attimi di pause riflessive, scene ripetitive, pensieri, ricordi,
frammenti sullo sfondo di uno scenario di morte e desolazione rendono le 24
puntate un po’ indigeste per il pubblico
occidentale, ormai abituato (sin troppo) a ritmi piu’ sostenuti e a trame chiare e lineari.
Una
musica angosciante ma molto bella sottolinea tutti i momenti piu’ cupi della serie, musica usata
spessissimo, un vero leitmotiv della storia. Carine le sigle di testa e di coda.
Circa la grafica, e’ stato fatto un connubio ben riuscito
tra lo stile anni ’70 e quello moderno, che
come ho detto ammicca molto a Kurumada e ai suoi Cavalieri dello Zodiaco, ma
con colori pastellosi e cupezza di fondo, a volte contrastata d bellissimi
campi di fiori, o spiagge con conchiglie, specie nelle scene dove c’e’ la piccola Ringo, che rappresenta la vita, la speranza e il
futuro.
Come
s’intitolano le 24 puntate di Kyashan sins?
- Alla fine del mondo
- Il mondo è pieno di urla di morte
- Per le fine della sofferenza
- L'angelo della rovina
- L'uomo che uccise il sole chiamato Luna
- Riunione con il destino
- La ragazza dell'alta torre
- L'elogio della speranza
- Il fiore che sboccia nella Valle della Rovina
- L'uomo imprigionato nel passato
- Una missione personale
- Dipingere i momenti di vita
- Il passato sorgerà prima di te
- La verità illumina le tenebre
- Lo shinigami Dune
- Per la forza di credere
- La culla di vetro
- Vivere il tempo trascorso, il tempo che verrà
- Credi nel fiore che vive nel cuore
- Per chi sboccia il fiore
- Paradiso di disperazione
- La lacrima chiamata eternità
- Quelli che ritorneranno
- Per i fiori che vagano e sbocciano
Credits
Titolo originale- Casshern sins
In
conclusione, non mi sento di dire che e’ una serie brutta, perche’ affronta temi profondi e complessi, ma e’ adatta piu’ che altro agli appassionati di sci-fi
filosofica e di stile lentissimo alla giapponese.
Nessun commento:
Posta un commento