RACCONTO: ODYSSEA NELLO SPAZIO
I RACCONTI FREE DI IUF
Il
mare di velluto nero trapunto di stelle in cui navigo da anni, prima al comando
della mia flotta e poi da solo su questa piccola navetta di salvataggio,
continua a circondarmi in ogni direzione; ora però vedo la mia meta sul monitor.
Ho
combattuto e vinto la guerra contro il pianeta Hylion, ma poi il fato ha voluto
che m’imbattessi in ogni genere di disgrazia e di evento nefasto: a causa dei
venti solari ci trovammo, io e la mia flotta, in un pianeta popolato da
giganti cannibali, per poi finire su un
mondo dominato da un crudele mago, Kurkis, che volle tenermi come sua compagna.
Molti
dei miei uomini morirono in questo tragitto; alcuni nell’attacco delle creature
spaziali dette Syrene, che emettono un suono mortale, altri ancora ai Bastioni
di Scyllacaryd, dove venimmo attaccati da mostruosi esseri dello spazio
siderale.
Rimasta
sola e con la flotta distrutta, venni rapita da Kalypson, solitario re di un pianeta
grande come uno scoglio dai mari cristallini come la mia patria Hytaka, e
rimasi con lui, certa di non rivedere mai più il mio sposo, Pelopon. Pensavo
che non mi attendesse più ormai.
Ma
la nostalgia di casa era troppo forte, il ritorno era il mio unico pensiero.
Fuggii
con la mia vecchia e malmessa navetta e approdai sul pianeta Skyria, dove
finalmente trovai il re Alcyon disposto a aiutarmi. Mi diede questa nuova
navetta e impostò la mappa stellare su Hytaka.
Atterrai
all’astroporto vicino alla capitale. Era tutto molto diverso. Nessuno sembrava
riconoscermi, e io non identificavo nessuno.
«Sono
Odyssea, la vostra regina» dissi.
Le
guardie mi guardarono perplesse, poi risero.
«La
regina Odyssea è dispersa nello spazio con tutta la sua flotta, dopo l’assedio
a Hylion.»
«No,
vi sbagliate: sono viva e sono tornata.»
«La
guerra con Hylion è terminata centoventi anni fa. A quest’ora sarebbe morta.
Chi sei, straniera?»
Compresi
subito, mentre mi arrestavano, cos’era accaduto.
Girando
e vagando nello spazio a velocità mutevoli e
notevoli, sono tornata su Hytaka in un tempo trascorso in maniera
differente: se per me erano passati dieci anni, qui ne erano trascorsi
centoventi.
Tutto
ciò per cui ho lottato e per cui sono tornata ora è cenere: la mia reggia, il
mio sposo, la mia città.
Non
mi resta che fuggire di nuovo: con la mia astuzia ci riuscirò e continuerò a
vagare nell’infinità dello spazio per l’eternità.
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