Un racconto gratuito di Alessandra Leonardi
LA SPADA DI CRISTALLO
Il
buio era denso come pece. L’illuminatore bastava a malapena a far luce per un
paio di metri.
«Voran,
sei sicuro che stiamo andando nella direzione giusta?» La voce di Mayt
tremolava trasformandosi in fumo.
«Sì,
la mappa dice di andare di qua. Coraggio, dovremo camminare a lungo.»
«Non
è meglio tornare indietro? Siamo ancora in tempo, potrebbero non essersi
accorti che siamo scappati» sussurrò Neis.
Voran
si fermò e gli altri due intrupparono sulla sua imponente schiena.
«Ci
abbiamo pensato giorni. Eravate tutti convinti, non ne potevate più di essere
sfruttati per un tozzo di pane, fino alla morte, perché “l’economia deve prevalere
su tutto, per il benessere globale”, come ci hanno sempre inculcato sin da
ragazzini… e ora ve la fate sotto?»
Neis
e Mayt si guardarono, minuscoli nei loro giacconi sfibrati e lisi.
«Io
non credevo che qui fuori fosse così freddo e buio» disse la donna,
asciugandosi una lacrima.
«Io
sto pensando a mio padre. Se muoio, che ne sarà di lui? Almeno ora un tozzo di
pane, dell’acqua, delle coperte per scaldarci ce le abbiamo». Mayt si volse e
guardò alle sue spalle le luci dell’immensa Goldside, sempre più lontane nella
notte nera.
Voran
sospirò.
«Io
non voglio forzarvi, ma la vostra è solo paura. Paura di ottenere ciò che
abbiamo sempre desiderato, un lavoro retribuito dignitosamente, in salute e
sicurezza. Quante volte ci siamo chiesti quando toccherà a noi se vedevamo
qualche nostro compagno mutilato da una tagliatrice, o si spegneva davanti ai
nostri occhi per i veleni respirati? Tuo padre ha solo 50 anni, è su una sedia
a rotelle da dieci per essersi rotto la schiena lavorando per i Produttori!»
«È
il nostro destino. Nasci, produci, muori. Nessuna stupida mappa venuta fuori
chissà da dove ci porterà mai al luogo incantato dove c’è la spada di cristallo
che ci libererà. Non esiste, è una fantasia» ribatté Mayt.
«Allora
buon ritorno al quartiere dormitorio pulcioso. Io vado avanti, non ci torno
là.» Voran riprese a camminare a larghe falcate. Mayt e Neis si guardarono.
«Non
lasciarci qui! Non sappiamo come tornare indietro. Ci perderemmo nei condotti
sotterranei!»
«Aspettaci!»
I
due corsero per raggiungerlo.
Un’alba
grigia e pesante disvelò loro le rovine di una città morta. Un cartello
rovesciato e arrugginito ne annunciava il nome, ormai illeggibile. Muri
diroccati, tetti collassati e silenzio che incombeva su tutto.
«Tutto
procede secondo il piano, queste rovine sono qui, sulla mappa.» Voran mostrò
agli altri il cartiglio. «Ora ci riposeremo dentro qualche rudere. Questo mi
sembra perfetto» continuò, entrando in una casa in parte integra.
«Speriamo
che predoni e segugi non ci scovino» mormorò Mayt mentre si sfilava lo zaino.
«Non
credo ci abbiano seguito, di noi non importa a nessuno. Siamo sostituibili. Temo
più i predoni» disse Neis, sdraiandosi con la testa sulla sua borsa.
«Beh,
abbiamo rubato le pilloline al posto di lavoro. Magari per questo possono cercarci»
commentò Mayt.
«Poco
probabile. Ma un po’ di rischio è connesso all’avventura» disse Voran
arrotolandosi una sigaretta.
«Raccontaci
ancora come hai trovato la mappa e cosa c’è scritto sul libro che ci hai
trovato insieme» domandò Nais, sistemandosi su un fianco.
Voran
accese la sigaretta ed espirò il fumo, seguendone lo sguardo come a cercare i
ricordi di quel giorno.
«Ero al mercato delle pulci della domenica. Una vecchia mercante da cui avevo già preso degli oggetti mi mostrò la scatola, dicendomi che l’aveva trovata tra le sue mercanzie nel magazzino, non sapeva neppure di averla. “Dentro c’è qualcosa, ma non riesco a d aprirla. Se la vuoi, te la offro in cambio di dieci pilloline di Meth.” Ero sul punto di rifiutare, dieci pillole era più della mia dotazione settimanale, ma quella scatola sembrava chiamarmi, essere lì per me. Feci una pazzia e la presi. A casa l’aprii facilmente e dentro c’erano questa mappa e il libro dalle pagine vuote. Tutte tranne la prima, che diceva: “La spada di cristallo abbatterà il potere, donerà la libertà ai popoli, per un futuro più equo e più giusto, e l’umanità troverà finalmente pace, salute e prosperità. Segui la mappa.” Dalle mie ricognizioni, la mappa risulta esatta.» Voran si accorse che i due già dormivano, sorrise, spense la cicca e si sdraiò.
«Bene,
assumiamo le nostre dosi di Meth e
rimettiamoci in marcia» ordinò Voran. «La strada per la felicità è ancora
lunga!» Neis e Mayt presero le pasticche dalle loro borse e bevvero dalle
borracce.
«Io
prendo anche un po’ di vitamine» disse Neit.
«Attenta
a non finirle, non sai quanto a lungo ancora dovremo camminare» le fece
presente Mayt.
«Facendo
due calcoli credo una decina di giorni» puntualizzò Voran.
Il
gruppetto si mise in marcia.
*
Il
tramonto rosseggiava alla loro destra mentre camminavano in una landa desolata.
Solo
terra brulla e rocce. Voran arrancava, seguito da Neis e Mayt, barcollanti. La
gola era secca e le scorte erano quasi terminate. Le borracce non producevano
che poca acqua dalla scarsa umidità notturna.
«Ho
perso la cognizione del tempo» disse Mayt con voce spezzata.
«Voran…
che giorno è? Dove siamo?» sussurrò Neis, col fiato corto.
«Non
lo so, ma non dobbiamo arrenderci. Non adesso, dopo tutta la strada che abbiamo
percorso. Dobbiamo avere la nostra meta fissa qui, nella nostra mente, e
crederci con tutto il cuore» rispose Voran.
Mayt
si fermò di colpo.
«Voran,
non so perché ho deciso di seguirti. Sì, non ne potevo più della mia pur breve
vita, ma non è plausibile che esista un luogo con una spada di cristallo che ci
libererà dai nostri tormenti solo perché hai trovato un vecchio libro scolorito
con una mappa al mercatino delle pulci.»
«Siamo
stati dei folli. Mi sembrava quasi un gioco quando ho accettato. Abbiamo avuto
subito i nostri dubbi, ma vuoi la disperazione, vuoi il desiderio di qualcosa
di bello anche per me, finalmente, dopo 40 anni di stenti, e mi sono lasciata
trascinare. Non avrei mai creduto di morire qui, in mezzo al nulla» disse Nais,
sedendosi al suolo guardando il sole che spariva all’orizzonte. Mayt si sedette
accanto a lei.
«Meglio
morire qui che dentro un macchinario merdoso, comunque. Mi dispiace solo per
mio padre.»
«Ma
cosa dite? Guardate, guardate la mappa… laggiù a ovest si intravedono delle
alture. L’antro si troverà lì di sicuro!» si agitò Voran.
«Signori,
è stato un piacere. Addio.» Nais si sdraiò e chiuse gli occhi, imitata da Mayt,
coi piedi rivolti verso il sole morente.
Voran
provò a convincerli ad alzarsi, ma i due restarono immobili a guardare il cielo
che iniziava a riempirsi di stelle. Poi si sedette con le spalle rivolte a loro
due, si preparò un’ultima sigaretta, la fumò con lentezza e si sdraiò con la testa tra quella degli amici.
Le
stelle smisero di brillare e tutto diventò nero.
Un
lucore azzurrino iniziò a farsi largo tra le tenebre. Voran aprì gli occhi e
venne abbagliato da una luce fredda che lo costrinse a coprirsi gli occhi con
un braccio. Si tirò su e pian piano cercò di adattare la vista. Nais e Mayt
erano nella sua stessa situazione. Si guardarono intorno e si resero conto di
trovarsi in una piccola grotta dalle pareti di scintillante cristallo dalle
sfumature celestine. Provarono a parlare ma non riuscirono ad emettere suoni.
Un
movimento attirò la loro attenzione e si volsero da quella parte.
Una
donna dalla pelle nivea, i capelli fili lucenti e la veste cristallina, li
osservava sorridendo. Anche i suoi occhi erano del color del ghiaccio.
«Questa
non è una spada come le altre. È la vostra spada. Con essa la vostra mente sarà
lucida, la mano salda, la volontà adamantina. Toccherete le menti e i cuori dei vostri amici
e compagni e quelli dei vostri nemici, fino ad ottenere la pace che le vostre
anime anelano . No, non combatterete con queste spade, almeno non nel modo che
voi pensate: mai esse verseranno sangue.
Qualora l’avversario avesse un cuore troppo nero, potrete trafiggerlo,
ma solo per renderlo di nuovo pulsante e vivo.»
Le
lacrime che scesero dagli occhi di Voran, Mayt e Nais divennero piccoli
diamanti.
«Raccoglieteli
pure, vi serviranno per condurre la vostra battaglia per la liberazione.
Addio!»
Kessha
fece alcuni passi indietro, fino a scomparire dentro le pareti cristalline,
diventandone tutt’uno.
I
tre guardarono ancora sbigottiti le spade. Queste presero a rilucere di una
luce bianca e calda e sparirono dentro il loro corpo. Prima che potessero
battere ciglia, fu di nuovo buio attorno a loro.
«Siamo... nel dormitorio della fabbrica!» disse Mayt.
«Già..
ho fatto un sogno bellissimo, c’eravate anche voi» fece Nais.
«Anch’io.
Eravamo partiti per una ricerca assurda, una spada che avrebbe cambiato le
sorti del mondo…»
«Non
è possibile, lo stesso sogno!»
«Compagni,
guardate nelle tasche!» li interruppe Voran. Dalla giacca estrasse una manciata
di gemme lucenti. I due lo imitarono, sbalorditi. All’unisono una luce intensa
vibrò dentro i loro petti.
«Ma
allora… è successo davvero!» esclamò Nais. Mayt non riusciva a parlare
dall’emozione che gli accarezzava la gola, stimolando le lacrime.
«Queste
sono le spade dentro di noi…» commentò Voran. «Amici» concluse, «oggi inizia
un’era nuova. Abbiamo una missione. Iniziamo a combattere!»
Bellissimo! *_* Mi è piaciuto un sacco!
RispondiEliminaGrazie!!! ^.^
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