venerdì 19 maggio 2017

Recensione: Alien Covenant



Dopo ben 5 anni, arriva sugli schermi il sequel del prequel di Alien, ambientato 10 anni dopo Prometheus, e, diciamolo subito, si poteva fare di meglio. Molto. Hanno fatto fuori lo sceneggiatore del prequel, David- Lost- Lindelof, sostituendolo con un altro che ci ha propinato dialoghi banali, situazioni insensate, e soprattutto l’equipaggio più sfigato e incapace della storia del cinema di fantascienza. Beh, su questo non è stato certo aiutato dal casting: si salva solo Fassbender, nel doppio ruolo degli androidi David e Walter molto superiore a tutti, e anche Katherine Waterson, che interpreta la Daniels, brunetta acqua e sapone che ricorda non solo Sigurney, ma anche Astrosamantha.

 La regia di Ridley Scott però c’è, e si nota in alcune delle scene migliori del film: la prima inquadratura, un primissimo piano dell’occhio di David, che richiama l’occhio divino, e la scena in cui si dispiegano le vele energetiche dell’astronave che porta duemila coloni crio-addormentati oltre a un po’ di embrioni, all’equipaggio e a Walter, verso la terraformazione di un lontano pianeta: mi hanno ricordato le vele delle navi omeriche, con gli eroi che esplorano il mondo seppur lo scopo finale sia il nostos, il ritorno (che qui si concretizzerebbe in un nuovo inizio per i coloni, in un nuovo pianeta, in una sorta di ritorno alle origini). 
Non sono le uniche scene degne di nota: la regia si fa sentire anche in quelle tostissime dove lo xenomorfo sbuca fuori dal corpo ospite, con salti sulla sedia assicurati. Non c’è però quel “vedo e non vedo”, quel “nascondere” l’alieno che aveva caratterizzato lo storico film, il primo: in questo c’è splatter, c’è azione, ci sono combattimenti a dire il vero un po’ assurdi o banali, si zompa ma non si soffoca dall’ansia.

A causa di un guasto, l’equipaggio della Covenant si ritrova su un pianeta abitabile diverso da quello verso cui erano diretti, e qui iniziano a compiere una serie di cavolate memorabili che non sto a raccontare. C’è una novità: l’alienino stavolta può inserire nel corpo ospite sotto forma di spore, e non solo: di alieni ce n’è più di un tipo. Sugli effetti speciali non si può dire nulla, sono perfetti; credo di aver capito il motivo per cui poi tutti questi tipi di xenomorfi non si vedano in Alien, ma è nel finale e quindi non spoilero!
Il pianeta in cui sono capitati, guarda un po’, è lo stesso in cui finì l’equipaggio dell’astronave del film precedente, che come sappiamo sono tutti morti. Non c’è però accenno alla questione degli Ingegneri, e gli interrogativi lasciati da Prometheus sono rimasti insoluti: cosa si riproponevano di fare costoro?

Le parti migliori in assoluto del film sono quelle incentrate sul rapporto tra i due androidi: uno, David, che si ritiene superiore agli uomini che lo hanno creato, e gioca a fare Dio; e l’altro, Walter, un modello successivo, più distaccato e privo di empatia. Chi ci ricorda tutto ciò? Ma i Cyloni di Battlestar Galactica, ovviamente! Da qui si dipana il discorso della creazione, dei limiti umani e non, e del libero arbitrio.



Il colpo di scena finale c’è,  non si può negare; ma a ben pensarci, era ovvio anche questo…
Speriamo che il terzo film della saga spieghi tutto ciò che è stato lasciato in sospeso dal prequel, e speriamo che non passino altri 5 anni prima di vederlo.


Le immagini sono copyright degli aventi diritto e sono inserite a scopo puramente illustrativo.


2 commenti:

  1. Anche i registi migliori, a volte, non ci imbroccano completamente, ma la colpa è pure di un panorama cinematografico piuttosto ristretto. Si continua a sfornare seguiti di film fino a spolparne il filone ed ê logico che ad un certo punto le idee siano difficili da essere stanate. Idee nuove poi....chissà dove sono !? Comunque, bella recensione. Brava.

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  2. Lo guarderò appena finirò il rewatch di tutti gli Alien. :)

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