Recensione:
Alien Covenant
Dopo
ben 5 anni, arriva sugli schermi il sequel del prequel di Alien, ambientato 10
anni dopo Prometheus, e, diciamolo subito, si poteva fare di meglio. Molto.
Hanno fatto fuori lo sceneggiatore del prequel, David- Lost- Lindelof,
sostituendolo con un altro che ci ha propinato dialoghi banali, situazioni
insensate, e soprattutto l’equipaggio più sfigato e incapace della storia del
cinema di fantascienza. Beh, su questo non è stato certo aiutato dal casting:
si salva solo Fassbender, nel doppio ruolo degli androidi David e Walter molto
superiore a tutti, e anche Katherine Waterson, che interpreta la Daniels, brunetta
acqua e sapone che ricorda non solo Sigurney, ma anche Astrosamantha.
La regia di Ridley Scott però c’è, e si nota in alcune delle
scene migliori del film: la prima inquadratura, un primissimo piano dell’occhio
di David, che richiama l’occhio divino, e la scena in cui si dispiegano le vele
energetiche dell’astronave che porta duemila coloni crio-addormentati oltre a
un po’ di embrioni, all’equipaggio e a Walter, verso la terraformazione di un
lontano pianeta: mi hanno ricordato le vele delle navi omeriche, con gli eroi
che esplorano il mondo seppur lo scopo finale sia il nostos, il ritorno (che qui si concretizzerebbe in un nuovo inizio per i coloni, in un nuovo pianeta, in una sorta di ritorno alle origini).
Non
sono le uniche scene degne di nota: la regia si fa sentire anche in quelle
tostissime dove lo xenomorfo sbuca fuori dal corpo ospite, con salti sulla
sedia assicurati. Non c’è però quel “vedo e non vedo”, quel “nascondere”
l’alieno che aveva caratterizzato lo storico film, il primo: in questo c’è
splatter, c’è azione, ci sono combattimenti a dire il vero un po’ assurdi o
banali, si zompa ma non si soffoca dall’ansia.
A
causa di un guasto, l’equipaggio della Covenant si ritrova su un pianeta
abitabile diverso da quello verso cui erano diretti, e qui iniziano a compiere
una serie di cavolate memorabili che non sto a raccontare. C’è una novità: l’alienino
stavolta può inserire nel corpo ospite sotto forma di spore, e non solo: di
alieni ce n’è più di un tipo. Sugli effetti speciali non si può dire nulla,
sono perfetti; credo di aver capito il motivo per cui poi tutti questi tipi di
xenomorfi non si vedano in Alien, ma è nel finale e quindi non spoilero!
Il
pianeta in cui sono capitati, guarda un po’, è lo stesso in cui finì l’equipaggio
dell’astronave del film precedente, che come sappiamo sono tutti morti. Non c’è
però accenno alla questione degli Ingegneri, e gli interrogativi lasciati da
Prometheus sono rimasti insoluti: cosa si riproponevano di fare costoro?
Le
parti migliori in assoluto del film sono quelle incentrate sul rapporto tra i
due androidi: uno, David, che si ritiene superiore agli uomini che lo hanno
creato, e gioca a fare Dio; e l’altro, Walter, un modello successivo, più
distaccato e privo di empatia. Chi ci ricorda tutto ciò? Ma i Cyloni di
Battlestar Galactica, ovviamente! Da qui si dipana il discorso della creazione,
dei limiti umani e non, e del libero arbitrio.
Il
colpo di scena finale c’è, non si può
negare; ma a ben pensarci, era ovvio anche questo…
Speriamo
che il terzo film della saga spieghi tutto ciò che è stato lasciato in sospeso
dal prequel, e speriamo che non passino altri 5 anni prima di vederlo.
Le immagini sono copyright degli aventi diritto e sono inserite a scopo puramente illustrativo.
Anche i registi migliori, a volte, non ci imbroccano completamente, ma la colpa è pure di un panorama cinematografico piuttosto ristretto. Si continua a sfornare seguiti di film fino a spolparne il filone ed ê logico che ad un certo punto le idee siano difficili da essere stanate. Idee nuove poi....chissà dove sono !? Comunque, bella recensione. Brava.
RispondiEliminaLo guarderò appena finirò il rewatch di tutti gli Alien. :)
RispondiElimina