Recensione:
Romanitas
Genere:
Ucronia
Editore:
Newton Compton
Anno: 2005
Pagine:
550
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2757 a.u.C, l'Impero Romano vive ancora.
Corre l'anno 2757
dalla fondazione di Roma. L'impero romano non è mai crollato, ha esteso il suo
dominio lungo tutti i secoli fino ai giorni nostri; oltre i suoi confini adesso
sono soltanto l'impero cinese, Nionia (il Giappone) e il regno d'Africa. E non
si tratta di confini pacificati. Uno schiavo è in attesa di essere crocifisso;
una giovane donna disperata, con il dono di leggere i pensieri altrui, cammina
a passi misurati per le vie di Londra; una banda di fuggiaschi si nasconde sui
Pirenei, mentre su schermi giganti situati in ogni città il mondo assiste al
funerale della coppia più prestigiosa della famiglia imperiale. Soltanto un
integerrimo ufficiale dubita che le morti del fratello dell'imperatore, un eroe
di guerra, e della sua bella e carismatica moglie siano accidentali. Il
sedicenne erede al trono sta per venire a conoscenza di un segreto che minaccia
la sicurezza della più grande potenza della Terra - e la sua stessa vita.
Questo è l'impero romano. Oggi.
Ebbene
sì, so che non ci crederete ma ho letto un malloppone di 550 pagine, nonostante
come sapete in genere evito libri troppo lunghi: non ho potuto però resistere a un ucronico
che s’intitola “Romanitas” , con tanto di cover con tre croci che svettano su
una città moderna (Londra).
E
non me ne sono pentita, anche se ammetto che quando ho scoperto che si tratta
di una trilogia la tentazione di sbattere la testa al muro è stata forte…
I
protagonisti di questo romanzo sono tre. Uno è Marco Novio, erede al trono
imperiale, che a causa di un complotto a suo danno è costretto a fuggire: hanno
infatti tentato di assassinarlo, e il giovane, i cui genitori sono morti in un
incidente d’auto, scappa. Sulla famiglia dei Novii tra l’altro grava una
maledizione : molti dei suoi membri infatti sono destinati alla follia. Sulla
sua strada incontra due fuggiaschi, Una e Sulien, fratello e sorella dotati di
particolari poteri: lui è un guaritore, lei ha poteri psichici. Sulien era
stato condannato alla crocifissione per un delitto che non ha commesso, le
origini di lei sono più misteriose. I due non sanno inizialmente che Marco è
l’erede al trono, e insieme si dirigono in un luogo segreto in cui si rifugiano
gli schiavi fuggiaschi.
Da
qui si dipana una trama ricca di personaggi, azione, sentimenti e qualche colpo
di scena nel finale.
Ciò
che ho apprezzato di più di questo romanzo è la capacità che ha avuto l’autrice
di ideare un mondo in cui “l’impero romano vive ancora”, come recita il sotto-titolo del libro, mondo coerente con l’essenza della romanità del titolo e quindi credibile. Siamo nel
2757 a.U.c., quindi nel 2004 d.C.
l’Impero ha conquistato gran parte del mondo conosciuto, si è evoluto tecnologicamente non come il nostro
ma si può definire contemporaneo: abbiamo il long dictor, ovvero il telefono (ma non
il cellulare), il long vision cioè la televisione, l’elettromagnetismo per far
funzionare macchine, automobili e treni, ma perdurano la schiavitù e le
crocifissioni.
Da
dove è partita la divergenza di questo mondo dal nostro? Il fulcro del concetto
di ucronia è proprio questo: a un certo punto la storia prende una piega
diversa da ciò che è successo nella realtà, quindi gli avvenimenti che si
susseguono sono divergenti da quelli che conosciamo. L’aurice stessa, alla fine
del libro, ci fornisce la risposta, mostrandoci una breve storia del “suo”
Impero romano.
Nel 192 d.C. dopo l’assassinio di Commodo, venne eletto
Pertinace, un uomo virtuoso che fu ucciso dopo poco dai Pretoriani; qui, nel "suo" mondo, il complotto viene invece scoperto, e Pertinace continua a regnare sistemando le falle
che Commodo aveva creato con la sua dissennatezza nell’Impero, e così la storia
prende una piega del tutto diversa: dotata di nuova linfa, Roma continua la sua
espansione, la setta dei cristiani non prende piede e si arriva così all’oggi.
Tutto
ciò presuppone una grande conoscenza della storia romana da parte dell’autrice,
molto studio e preparazione, nonché una bella dose di inventiva per creare i nomi geografici che avrebbero le terre al giorno d’oggi se fossero state
romanizzate: ad esempio il Giappone è Nionia, mentre l’America Terranova.
I
personaggi sono tutti ben delineati, anche troppo: la McDougall non lesina in
descrizioni minuziose dei loro sentimenti e dei loro pensieri, a volte a mio
parere in modo eccessivo. Ci sono anche descrizioni fisiche esagerate: una
intera pagina per descrivere Dama, uno dei personaggi che i tre protagonisti
incontrano a metà romanzo!
La
parte iniziale e quella finale sono appassionanti, mentre quella centrale l’ho
trovata troppo lunga e prolissa: con meno pagine e meno lungaggini il ritmo
sarebbe stato più elevato.
Lo
stile è accattivante, ma a volte l’autrice scivola troppo nel tell anziché
nello show, spiegonandoci troppo soprattutto riguardo a cosa provano e pensano
i personaggi, più che sugli avvenimenti in sé, inoltre si hanno delle
lungaggini; la McDougall fa anche un eccessivo uso di avverbi di modo e di corsivi per far risaltare
alcune parole.
Riguardo
l’edizione cartacea che ho letto, la cover è di grande impatto e non ci sono refusi nel testo.
Ottima l’idea di inserire un albero genealogico all’inizio, in quanto nelle
prima pagine si fa confusione col nome dei personaggi della famiglia imperiale,
e di inserire alla fine note di autrice e traduttrice per spiegare le loro
scelte riguardo la terminologia e la traduzione.
Alcuni
errori credo siano da attribuire alla traduzione italiana più che all’autrice,
come l’uso del “lei” per rivolgersi ai componenti della famiglia imperiale: i
Romani non si davano del lei! Come non chiamavano l’imperatore maestà o
altezza, bensì Cesare, per non parlare dei chilometri: si usavano le miglia!
Questi dettagli quindi non sono stati curati a sufficienza, ma ripeto, non so
se è colpa della scrittrice o della traduttrice.
Il
romanzo, come dicevo all’inizio, è il primo di una serie di tre, “Roma brucia”
e “Il sangue di Roma” : sono curiosa di sapere come si evolverà la vicenda e di
certo li leggerò, anche se sono tomi di circa 600 pagine e quindi so che mi
aspettano altre lentezze.
Consiglio
il libro agli amanti del genere ucronico e
della storia romana che non si
lascino scoraggiare dalle lungaggini.
L' ucronico è un genere molto in voga, attualmente, mi pare.
RispondiEliminaSì è vero, ultimamente pare sia apprezzato.
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